Turchia e Kurdistan: caos, guerre e speranze

Un’analisi di Silvana Barbieri e Rosella Simone, le adesioni alle manifestazioni del 12 febbraio, buone notizie dalla «Staffetta sanitaria» (e dal novantenne tenace di un paesino sperduto) più molti link

La lotta del popolo curdo e le ambiguità dell’Unione Europea

di Silvana Barbieri e Rosella Simone (*)

Riconoscere i diritti fondamentali del popolo curdo e promuovere un processo di pace in Turchia e nel Medio oriente

Il 19 dicembre 2021 è apparso sul Sole24 ore un Appello promosso dalla Campagna Internazionale “Giustizia per i Curdi” firmato da più di mille personalità mondiali. Chiedeva la rimozione del Pkk, il partito curdo dei lavoratori, dall’elenco dell’Unione europea delle organizzazioni terroristiche. A sostegno della richiesta presentava argomenti strategico politici e sentenze legali emanate da alte Corti europee che vale la pena riprendere e rilanciare non per fare il gioco di supposte organizzazioni terroristiche ma come richiamo alla coerenza democratica dell’Unione europea di cui anche l’Italia fa parte. All’Europa che ha posto all’origine della sua Unione i valori universali di dignità umana, libertà, uguaglianza e solidarietà chiediamo una posizione chiara e senza ambiguità all’appello che tanti hanno sottoscritto e la coerenza con i propri pronunciamenti e leggi che qui vogliamo ricapitolare.

La Corte Europea di Giustizia, organo dell’Unione Europea con sede in Lussemburgo con il compito di assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati dell’UE, interrogata in materia ha dichiarato illegale e assolutamente non motivata la presenza del Pkk nella lista europea delle organizzazioni terroristiche: pur riferendosi a causa di vari cavilli giuridici esclusivamente al periodo 2014-17. Proprio in quell’arco di tempo i curdi sono stati i “nostri” soldati, quelli che combattevano per fermare il dilagare dello Stato islamico e morivano anche per noi. Salvo poi rimetterli nella lista dei cattivi una volta che Trump aveva finito di servirsi di loro contro l’Isis abbandonandoli nuovamente al loro destino. La sentenza è stata sottoposta a ricorso, ricordando che la sua formulazione in realtà mette in modo molto più ampio in questione la legittimità dell’iscrizione di quell’organizzazione nella lista anti-terrorista UE.

Ma non basta, che il Pkk non sia un’organizzazione terrorista lo ha deciso anche la Corte d’Appello del Belgio in un processo fortemente voluto dalla Turchia contro alcuni militanti curdi a Bruxelles, sentenza successivamente e definitivamente confermata dalla Corte di Cassazione belga in quanto giurisdizione penale suprema di un paese membro dell’UE. Su quesito posto dal Procuratore generale del Belgio, la Corte d’Appello ha deliberato che il Pkk non può essere considerato un’organizzazione terrorista perché organismo parte di un conflitto internazionale, il che lo rende soggetto alle leggi internazionali di guerra e non a quelle penali mettendolo allo stesso livello giuridico dello stato turco.

Il Consiglio d’Europa, organismo internazionale con sede a Strasburgo nato nel secondo dopoguerra con il compito di promuovere la democrazia e i diritti umani sulla base della Convenzione europea dei diritti umani, attraverso due suoi organi, la Corte dei diritti dell’uomo che controlla l’applicazione delle Convenzione e il Comitato per la prevenzione della tortura, dopo aver constatato il pesante deterioramento dei diritti umani ha incaricato la Corte dei diritti dell’uomo di nominare una Commissione ad hoc per occuparsi della revisione delle sentenze. Riunitesi il primo di dicembre 2021 ha condannato la Turchia per trattamenti inumani nei confronti della comunità curda segnalando un cospicuo elenco di comportamenti illegittimi: punizioni collettive, violazione dei diritti alla difesa, assenza di condizioni di detenzione decenti e di un meccanismo di revisione dell’ergastolo aggravato. Il Comitato per la prevenzione della tortura ogni tre anni esercita poi un controllo diretto sulla situazione dei detenuti, compreso quelli restretti a regime speciale nell’isola di Imrali dove è rinchiuso Adullah Ocalan, la personalità più autorevole di tutto il movimento curdo. Constatato che il prigioniero Ocalan è tenuto in isolamento totale , che da 18 mesi gli è stato negato il diritto di vedere i propri congiunti e i propri avvocati, il Comitato per la prevenzione della Tortura a varie riprese ha ordinato di modificare “senza ulteriori ritardi” le condizioni di detenzione di Abdullah Ocalan rinchiuso nelle carceri turche da ben ventiquattro anni. Quale membro del Consiglio d’Europa e firmatario della Convenzione, la Turchia, giuridicamente parlando, è tenuta al rispetto delle sue decisioni, cosa che il presidente in carica Recep Tayyip Erdogan si guarda bene dal fare; semmai si adopera per trovare mille pretesti al fine di ritardare la pubblicazioni dei rapporti di questi organismi internazionali. Tant`è vero che il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sta prendendo in considerazione la decisione di sanzionare la Turchia sospendendola dai lavori dell’Assemblea Parlamentare dell’organizzazione se insiste con le sue inadempienze. Minacce che non hanno sin qui frenato Erdogan ma che stanno creando almeno seri disagi di pubblico dominio nel suo governo fornendo appigli all’opposizione nella battaglia elettorale che si prospetta per le elezioni presidenziali previste per il 2023 ma che molti ritengono saranno anticipate. La sentenza comunque pende come chiaro monito sulla Turchia, un vero e proprio shaming internazionale. Un artificio diplomatico per suggerire senza dirlo che la Turchia è un paese che non rispetta i principi democratici e dello stato di diritto.

Ed è per questo grave deficit di democrazia che l’Unione europea, con vari pronunciamenti in particolare del Parlamento europeo, ha formalmente sospeso i negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione e congelato l’erogazione dei fondi che sarebbero dovuti andare a quel paese nell’ambito delle cosiddette strategie di preadesione, nonché sospeso di fatto anche i negoziati commerciali sull’aggiornamento del Trattato di unione doganale esistente tra Europa e Turchia. Insomma, pur tra evidenti contraddizioni, l’Europa con le sue molteplici istituzioni sta dicendo che non ci sono le condizioni politiche per rafforzare ulteriormente le relazioni economiche con la Turchia anche se poi le specifiche relazioni bilaterali con i singoli stati membri dell’Unione europea restano fiorenti.

Ci chiediamo inoltre se un regime che nel 2021 aveva in corso 597.783 processi penali, dove i detenuti scompaiono, o sono trovati “suicidati” nelle loro celle, o lasciati morire durante uno sciopero della fame per chiedere un giusto giudizio, che incarcera a man bassa avvocati e magistrati, giornalisti e intellettuali può accusare di terrorismo i suoi avversari ? Legittimo considerare i curdi che rappresentano fino al 25% della popolazione della Turchia e sono oltre 40 milioni in tutto il Medioriente una “minoranza” da assimilare a tutti i costi fino a promuoverne l’annientamento culturale, sociale e politico? Possiamo dimenticare che sono stati proprio i Curdi ed il PKK a mettere i loro corpi ed i loro valori democratici tra noi e il cosiddetto Stato islamico? Possiamo non tener conto che oggi il Pkk rappresenta un movimento di massa tra i più grandi e significativi del Medio oriente, un movimento che “promuove e sostiene la libertà delle donne come dinamica strategica della democrazie sociale in quell’area ” mentre il presidente turco ha cancellato con un colpo di penna la sua adesione alla Convenzione di Istanbul (ironia della sorte) sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica? L’Europa non deve piegarsi alla manovre della Turchia guidata da Erdogan, un presidente che sta portando il suo paese al disastro politico ed economico (la lira turca è stata recentemente svalutata del 36%) e usa i migranti come una pistola puntata contro l’Europa. Che sta cercando di espandere la sua zona d’influenza nel miraggio neo-ottomano di una Grande Turchia e che, come un’anguilla presa nella rete dei suoi stessi misfatti, si dibatte facendo danni al suo paese ormai da anni sotto la mannaia di una dura repressione e alla comunità internazionale contribuendo a mantenere alta la tensione nell’area. Chi è “terrorista”, un movimento che si dichiara programmaticamente ecologista e radicalmente progressista e democratico o chi ha, per esempio, soffocato nel sangue la rivolta di chi si opponeva alla cementificazione di Gezi park a Istanbul o favorito l’infiltrazione di milizie legate allo Stato Islamico od Al-Qaeda in tutta la regione?

Convinte come siamo che non ci potrà essere pace in Medio oriente senza risolvere la questione curda e riconoscere i diritti fondamentali del popolo curdo, una questione che si trascina dal Trattato di Sèvres del 10 agosto del 1920 cancellato per le pressione dei nazionalisti turchi; che una significativa maggioranza dei 40 milioni di curdi in Medio oriente e alla diaspora si riconosce nel Pkk, un’organizzazione che da tempo ha iniziato un processo molto interessante di riflessione e azione adottando i principi politici della diversità multietnica e religiosa, l’ecologia, la democrazia e promuove e sostiene la libertà delle donna sollecitiamo l’Unione Europea, ed in particolare il suo Consiglio ed il suo Servizio europeo per l’azione esterna (EEAS), ma anche il Parlamento Europeo e la Commissione di Bruxelles, a dare inizio ad un processo politico che riconosca nel Pkk un interlocutore necessario per la pace in Medio orientepartendo dalla rimozione del Pkk dalla lista europea delle organizzazioni terroristiche voluta dagli Usa dopo l’attacco alla due torri del World Trade Center di New York anche sulla base dei pronunciamenti in merito della giustizia europea Chiediamo inoltre la liberazione immediata di Abdullah Ocalan e cui dev’essere riconosciuto il ruolo di protagonista attivo in un processo politico di pacificazione e riconciliazione nazionale come già richiesto da numerose personalità internazionali del mondo politico, culturale ed intellettuale. Tutto il resto è ipocrisia.

(*) ripreso da www.anbamed.it (sezione “approfondimenti”). «Anbamed» è un’agenzia quotidiana di «notizie dal Sud Est del Mediterraneo»

Il tempo della libertà è arrivato: Appello per una mobilitazione in Italia il 12 febbraio per la liberazione di Abdullah Öcalan 

Comitato «Il momento è arrivato; Libertà per Öcalan»

Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia

Rete Kurdistan Italia

Comunità curda in Italia

Da 23 anni Abdullah Öcalan è stato imprigionato a seguito della cospirazione internazionale del 15 febbraio 1999. Per oltre dieci anni è stato l’unico prigioniero nell’isola fortezza di Imrali. Nonostante le condizioni indescrivibili del suo isolamento non ha mai smesso di sperare in una soluzione pacifica ai conflitti in Medio Oriente. Per diversi anni Öcalan è riuscito a negoziare  con il governo turco per raggiungere questo obiettivo. La stragrande maggioranza della popolazione curda vede Abdullah Öcalan come proprio rappresentante, e ciò è stato confermato dalla raccolta di firme di oltre 3,5 milioni di curdi nel 2005. 

Ocalan è un attore politico e il suo status ha anche dimensioni politiche più ampie. La società curda, così come gli analisti politici, lo considerano un leader nazionale e il rappresentante politico dei curdi. La prigione dell’isola di İmralı, gestita dallo stato turco, continua ad essere sottoposta ad uno status straordinario. Il continuo isolamento di Ocalan, che dura già da 23 anni, si basa su pratiche  considerate illegali sia dalla magistratura turca che dal sistema giuridico internazionale. 

Le Nazioni Unite hanno la responsabilità di garantire che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si applichi e venga applicata anche per Ocalan. Il sistema İmralı può continuare ad esistere solo con il consenso, o almeno il totale disinteresse di istituzioni internazionali come l’ONU.

Lo Stato turco sta attualmente sottoponendo Abdullah Öcalan a un regime di isolamento che non ha precedenti. Ogni visita dei suoi avvocati o dei suoi familiari è resa possibile solo attraverso lunghe lotte e mobilitazioni. Nel 2019, ad esempio, è stato possibile rompere l’isolmento attraverso lo sciopero della fame di migliaia di prigionieri politici nelle carceri turche e di esponenti della società civile durato diversi mesi.

Per la prima volta dopo molti anni gli è stato possibile entrare in contatto con i propri familiari e i propri avvocati. L’ultima breve telefonata tra Abdullah Öcalan e suo fratello è avvenuta nel marzo 2021, ma è stata improvvisamente interrotta. Il fatto che da allora non sia stato ricevuto un solo segno di vita fa temere per le sue condizioni di salute.

In tutto il paese le pratiche adottate sull’isola di Imrali sono state estese per ridurre al silenzio ogni voce di dissenso, ogni forma di opposizione che veda nella soluzione politica della questione curda una svolta per una trasformazione democratica di tutto il Medioriente. Attraverso Imrali lo Stato turco si sta sforzando non soltanto di isolare fisicamente Abdullah Öcalan come persona, ma di sopprimere i risultati democratici che sono emersi dalle sue idee.

Infatti il Confederalismo democratico introdotto da Abdullah Öcalan ha prodotto il risveglio della società in tutto il Kurdistan. I valori di uguaglianza di genere e di credo, per una società democratica ed ecologica, sono alla base di importanti processi di trasformazione democratica fondati sull’autogoverno come nel caso dell’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est e dell’autogoverno degli yazidi di Shengal.

Sia che si tratti della guerra di invasione del Kurdistan del sud (nord Iraq), sia che si tratti dell’invasione del Rojava e o delle politiche fasciste del governo dell’AKP contro il popolo curdo in Turchia, questo modello democratico e partecipativo è sottoposto a pesanti attacchi da parte della Turchia e delle forze della modernità capitalista.

Per questa ragione oggi è più che mai necessario far sentire la nostra voce. Rompere l’isolamento e la liberazione di Abdullah Öcalan significano dare una prospettiva di pace e di democrazia  a tutti i popoli del Medioriente.

Il tempo della libertà è arrivato: Invitiamo tutti i partiti, le organizzazioni sindacali, gli esponenti della società civile e del mondo della cultura a partecipare alla giornata di mobilitazione nazionale del sabato 12 febbraio 2022 a:

Roma: Piazza la Repubblica Ore 14:30

Milano: Largo Cairoli Ore 14:00

Per adesioni: info.uikionlus@gmail.com info@retekurdistan.it

Comitato ‘’Il momento è arrivato; Libertà per Öcalan’’ Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia Rete Kurdistan Italia Comunità curda in Italia

Le prime adesioni:

Arci Solidarietà Onlus

Transform Italia ATTAC-Italia

COBAS, Nazionale Confederazione dei Comitati di Base

Confederazione unitaria di base

CSOA Angelina Cartella di Reggio Calabria

Comitato Referendario Acqua Pubblica Brescia

Coordinamento pace e solidarietà odv, Parma

Centro Immigrazione, Asilo e Cooperazione internazionale-Parma

Centro sociale Cantiere

Associazione Ponte Donna

Associazione Senza Confine

Associazione Senza Paura

Progetto Diritti onlus

Associazione Cultura è Libertà

Comitato Territoriale ARCI Centri Sardegna

Associazione Verso il Kurdistan Odv

Assopace Palestina nazionale

Laboratorio Andrea Ballarò– Palermo

Anbamed, aps per la Multiculturalità

Arci Firenze

Alkemia – laboratori multimediali – Modena

AWMR – Associazione Donne della Regione Mediterranea

Fai –Milano

Lambretta- Milano

Rete Jin nazionale

Associazione YaBasta!EdiBese!

Ya Basta –Bologna

Ambulatorio Medico Popolare (AMP) -Milano

“RETE#NO BAVAGLIO” Associazione di giornalisti per i diritti, ambiente e società

Gruppo Anarchico C. Cafiero  FAI Roma

Unione Sindacale Italiana– CIT

Staffetta Sanitaria Rojava

Luisa Morgantini, già vice presidente parlamento europeo

Paolo Ferrero, già Ministro governo Italiano, vicepresidente del Partito della Sinistra Europea

Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Zerocalcare, Fumettista

Anna Maria Bruni– attrice autrice regista

Adele Cozzi

Alessandro Orsetti

Aldo Zanchetta

Brunella Fatarella

Anna Lisa Vutoro

Chiara Orsetti

Elisa Frediani

Laura Sestini, giornalista

Marco Bersani, Attac

Fabio Martinelli, lavoratore dipendente

Vincenzo Miliucci, COBAS

Anna Maria

Massimo Torelli

Rossella Ratti

Salton Francesco

LA STAFFETTA SANITARIA segnala «Buone notizie» dal nord est della Siria. Creata una nuova sezione sul sito di Staffetta per raccontare l’Esistenza, oltre e come forma di R-esistenza. Da anni il Nord-Est della Siria esiste e resiste. Da anni la narrazione riguarda la resistenza, le città ed i villaggi bombardati, le armi, dei turchi sempre più distruttive, le persone trucidate, la “guerra sporca” fatta di eradicamento delle piante, incendi dei campi, riduzione della portata idrica dell’Eufrate. ecc. In questa sezione vogliamo segnalare che la Resistenza è anche Vita: vita quotidiana a cui milioni di persone si aggrappano, milioni di giovani che, proprio come in ogni altra parte del mondo, vorrebbero soprattutto vivere, divertirsi, innamorarsi, avere un futuro.

Nella sezione http://www.staffettasanitaria-rojava.it/category/good-news-by-nes/page/2/ con 19 articoli, invitiamo a guardare la situazione anche da  questo punto di vista: apertura di facoltà universitarie, di piccoli impianti produttivi, progetti ecologici, archeologia, impianto di nuove coltivazioni, cooperative….. C’è tutto un mondo che giorno per giorno, “bomba o non bomba” costruisce il suo futuro possibile. Crediamo meriti attenzione rispetto ed altrettanta Solidarietà.

Saluti solidali – Staffetta sanitaria

Osman, l’uomo che pianta alberi

di Maria Rita D’Orsogna

Il signor Osman Erol vive nella piccolissima città di Hallaçlı a Çankırı, nella Turchia centrale. Ha novant’anni. Hallaçlı ha solo 169 abitanti. E almeno 40.000 alberi tutti piantati dal signor Osman nel giro di trentacinque anni.

CONTINUA QUI: https://comune-info.net/osman-luomo-che-pianta-alberi/

ALTRI LINK UTILI

L’Isis assalta il carcere, prigionieri in rivolta: nel Rojava è battaglia

di Chiara Cruciati

https://ilmanifesto.it/l-isis-assalta-il-carcere-prigionieri-in-rivolta-nel-rojava-e-battaglia/

«Patto del Leopardo» con Erdogan, in Germania esplode il caso

Inchiesta giornalistica sui retroscena della liberazione di Deniz Yücel. L’ipotesi di uno scambio tra Diritti umani e tecnologia militare per i tank turchi impiegati in Siria

di Sebastiano Canetta

https://ilmanifesto.it/patto-del-leopardo-con-erdogan-in-germania-esplode-il-caso/

Bogazici oggi sorride: rilasciati i due studenti simbolo

Turchia. Proteste nel campus turco, liberi dopo tre mesi Ersin Berke Goz e Caner Perit Onez. Ma il processo continua. Arresti e borse di studio stracciate: la dura punizione collettiva non ferma la lotta. Intanto, nel sud-est condannato all’ergastolo un giornalista curdo

di Chiara Cruciati

https://ilmanifesto.it/bogazici-oggi-sorride-rilasciati-i-due-studenti-simbolo/

L’eredità degli armeni

Turchia. A 15 anni dall’omicidio del giornalista Hrant Dink, direttore del quotidiano Agos, la sua battaglia è ancora viva nella comunità e nella sinistra turca. Il ricordo dello scrittore Hayko Bagdat e la marginalizzazione armena

di Murat Cinar e Francesco Pongiluppi

https://ilmanifesto.it/leredita-degli-armeni/

 

DUE NOTIZIE RIPRESE DA «ANBAMED» (notizie dal Sud Est del Mediterraneo)

Turchia

La giornalista Sedef Kabas è stata arrestata per aver pronunciato un proverbio in una trasmissione televisiva, con l’accusa di vilipendio contro il presidente Erdogan. “Chi si incorona diventa più saggio, ma qui da noi non succede così”, ha detto Kabas in diretta. La procura ha deciso il suo arresto immediato prima ancora dell’inizio del processo. Una misura coercitiva di sudditanza della magistratura al poter del neo sultano. Per il direttore della Tv “Tele 1”, arrestare una giornalista all’alba per una frase è un atto intimidatorio inaccettabile contro tutta la categoria. (24 gennaio) .

E vale ricordare che secondo il rapporto annuale della Tigris-Euphrates Journalists Association, il 2021 in Turchia è stato un altro anno nero per la libertà di informare: 55 giornalisti aggrediti; due uccisi; 61 arrestati e 47 (dei 51 contro cui è stato aperto un processo) condannati a 133 anni e otto mesi di prigione totali. Infine, 64 siti di informazione sono stati chiusi.

 

Siria

Le truppe di occupazione turche nel nord est della Siria hanno bombardato con l’artiglieria pesante le città curde nella provincia di Hassaka. È il terzo giorno consecutivo nel quale i militari di Ankara e le milizie siriane affiliate tentano di sfondare sul fronte di Tal Tamar, sull’autostrada M4. L’intensità del bombardamento di ieri ha messo fuori uso una centrale elettrica e il sistema delle forniture idriche che servivano diversi centri abitati della provincia. L’esercito israeliano ha bombardato alcuni villaggi nelle alture del Golan, vicino a Quneitra. Non ci sono state vittime, ma – secondo l’agenzia siriana SANA – il fuoco ha divorato i boschi della zona. (6 gennaio)

Così i rifugiati muoiono sulla frontiera turco-iraniana 

Nelle prime settimane del 2022 almeno altre tre persone sono morte per il freddo, tra la neve e le rocce. Dopo essere state fermate (catturate?) e rispedite brutalmente oltre frontiera dai militari turchi. 

 

Chi c’è dietro l’assassinio di due esponenti del partito “Avvenire della Siria”? 

Il 12 gennaio Zakariya Jabbar e Bashar Haj Bekur, membri del partito “Avvenire della Siria”, sono stati assassinati da uomini sconosciuti nella regione di al-Bab, posta sotto il controllo delle forze arabo-curde. 

 

Sequestri di persona nel nord della Siria occupato dalla Turchia 

Dall’inizio dell’anno le truppe di occupazione turche hanno già sequestrato almeno 25 civili 

 

Sintonia e sincronicità tra Turchia e Daesh nel nord della Siria 

Il 21 gennaio le FDS (Forze democratiche siriane) hanno respinto  quello che sotto ogni aspetto si configurava come un attacco congiunto tra la Turchia – sfacciatamente schierata – e le milizie jihadiste 

L’Università del Bosforo non ha paura del Sultano

Un anno di proteste. Docenti licenziati, studenti in carcere da mesi; Erdogan li chiama “terroristi” perché contestano le nomine dei rettori imposte dal governo

di Roberta Zunini

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/06/luniversita-del-bosforo-non-ha-paura-del-sultano/6446874/

Infine su «Corriere della sera TV» si può vedere il video di Antonio Ferrari «La denuncia della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite. Il Paese trasformato in un carcere-lager, dove si moltiplicano i suicidi. La ferocia e le bugie del dittatore-sultano»:

https://video.corriere.it/esteri/vicino-oriente/turchia-si-alza-velo-orrori-erdogan/c9ed9bec-7129-11ec-9e44-b46b1543546f

Forse un brevissimo commento si impone: il velo sugli orrori di Erdogan si è alzato da tempo però al «Corriere della sera» (come sugli altri grandi media italiani) decidono di parlarne a seconda della contingenza politica, di ciò che ordina la NATO, dei buoni o cattivi affati delle ditte italiane in Turchia. E la chiamano informazione.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

4 commenti

  • In Sardegna, viste le difficoltà di vario tipo a poterci spostare dall’isola per partecipare ad una delle manifestazioni indette nel Continente, la Rete Kurdistan Sardegna promuove un presidio di fronte alla Prefettura di Cagliari, in Piazza Palazzo, individuando lo Stato Italiano non solo complice e corresponsabile della cattura di Ocalan nel 1999, ma ancora oggi una delle potenze che non condannano la Turchia per le sue politiche repressive, non riconoscono lo status di interlocutore politico al partito di Ocalan ma, anzi, continuano a tenerlo nella lista delle organizzazioni terroriste. Al sit-in del 12 febbraio, dalle ore 10 alle 13, hanno finora aderito le seguenti associazioni: ASCE Sardegna, Associazione di amicizia Sardegna Palestina, Cobas Scuola Sardegna, Unione Sindacale di Base, Associazione Madiba Sinnai. https://fb.me/e/2UPPL9H2r
    Il comunicato appello di Rete Kurdistan Sardegna:
    Cagliari aderisce alla Mobilitazione internazionale per la liberazione di Abdullah Ocalan, segregato ad Imrali dal febbraio del 1999.
    Imrali è una piccola isola della Turchia collocata nel sud del Mar di Marmara.
    Per molti anni l’isola è stata utilizzata come prigione di massima sicurezza per un solo detenuto, Abdullah Öcalan, il leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), precursore del Confederalismo Democratico e di una soluzione pacifica (politica e non violenta) del conflitto fra Stato Turco e resistenza kurda, ispiratore della “Terza Via” per una convivenza pacifica di tutti i popoli del Medio Oriente, per molti aspetti allievo di Antonio Gramsci e di Murray Bookchin.
    Un’isola-carcere per un solo prigioniero per il quale l’unica imputazione dovrebbe essere quella di resistenza alla dominazione e all’oppressione degli Stati occupanti del Kurdistan, principalmente la Turchia ma anche l’Iraq, l’Iran e la Siria.
    Oggi a fargli “compagnia” ci sono pochi altri detenuti ma non cambia molto per chi dietro quelle sbarre, isolato dal mondo, ha già trascorso 23 anni.
    Abdullah Öcalan è uno dei tanti prigionieri e prigioniere per motivi politici che affollano le carceri del mondo. Migliaia sono quell* incarcerati in Turchia, altr* sono quelli rinchiusi in Israele e in ogni parte del pianeta nella indifferenza, tolleranza o complicità delle istituzioni internazionali. A loro resta la solidarietà dei popoli e delle organizzazioni internazionaliste consapevoli che la barbarie contro un popolo è un problema del mondo intero.
    Ricorre il 15 di febbraio l’anniversario della “cattura” e l’incarcerazione, grazie anche alla complicità, l’inerzia e la connivenza dello stato italiano, di Abdullah Öcalan. Nel ventitreesimo anniversario della sua prigionia è più che matura l’ora di chiederne la liberazione.
    Per chiedere la liberazione di Ocalan e di tuti i detenuti e le detenute prigionieri e prigioniere per motivi politici in Turchia, in Israele e nel mondo, chiamiamo alla mobilitazione tutte le forze solidali il prossimo 12 febbraio, alle 10’00, davanti alla Prefettura di Cagliari in Piazza Palazzo in concomitanza con altre iniziative che si svolgeranno in tante altre città italiane ed europee.
    Per un giorno, e per tutti i giorni a seguire, sentiamoci tutti kurd*, sentiamoci palestinesi. Sentiamoci cittadin* di tutti i popoli oppressi del mondo e opponiamoci alle prevaricazioni di coloro che questo mondo lo vogliono mantenere funzionale agli interessi imperialisti.
    Libertà per Abdullah Öcalan, l’unico vero Leader riconosciuto dal Popolo Kurdo, il solo che sarebbe in grado di negoziare una pace duratura con gli stati confinanti.
    Libertà per tutti i prigionieri e prigioniere per motivi politici che combattono contro la tirannia e l’oppressione.
    SABATO 12 febbraio manifestazione a CAGLIARI in Piazza del Carmine, davanti alla Rappresentanza del Governo Italiano, a partire dalle ore 10.00
    Tutte le Associazioni, sindacati e singoli cittadini e cittadine che vogliono aderire lo possono fare, anche sotto questo appello, e sono invitati a partecipare.
    Rete Kurdistan Sardegna, 5 febbraio 2022

  • Comunicato stampa:
    Accrescere la pressione internazionale per il rilascio del leader curdo Abdullah Öcalan
    Il 15 febbraio 2022 cade il ventitreesimo anniversario del rapimento e dell’inizio della detenzione del leader politico curdo Abdullah Öcalan.
    Ogni anno, da quando Abdullah Öcalan è stato incarcerato, una delegazione di pace ha visitato la Turchia chiedendo di poterlo incontrare nell’isola-prigione di İmralı. Quest’anno, la più partecipata delegazione di pace internazionale fino a oggi, organizzata da International initiative, Freedom for Abdullah Öcalan, Peace in Kurdistan, dai sindacati britannici e da Peace in Kurdistan, ha da poco completato i due giorni di lavoro virtuale della delegazione in Turchia e di valutazione dei 23 anni di detenzione aggravata in isolamento di Öcalan, leader riconosciuto del popolo curdo.
    La delegazione ha incontrato rappresentanti politici, organizzazioni per i diritti umani, organizzazioni di donne, associazioni di detenuti e delle loro famiglie, e avvocati, tra cui quelli dello studio legale Asrin, che difendono Abdullah Öcalan, ed a cui è stato negato il contatto con il loro assistito in violazione del diritto internazionale.
    La delegazione ha potuto riscontrare che:
    1) il regime di isolamento praticato nell’isola di İmralı, dove Abdullah Öcalan è stato tenuto
    prigioniero per 23 anni in violazione del diritto internazionale e delle convenzioni sui diritti
    umani, è stato ora esteso a tutto il sistema carcerario della Turchia. Si stanno costruendo
    carceri di isolamento di tipo F, e tra le mura delle carceri già esistenti l’isolamento dei
    prigionieri politici sta diventando una pratica comune, così come l’imposizione di severe
    sanzioni disciplinari;
    2) in queste condizioni i prigionieri politici vengono maltrattati e torturati, gli anziani e le
    persone con gravi malattie privati delle cure mediche;
    3) gli stupri e le molestie sessuali commesse dai c.d. guardiani del villaggio e dal personale
    militare o carcerario costituiscono la normalità in un sistema che garantisce impunità ai
    colpevoli;
    4) in Turchia la libertà di parola è inesistente, e migliaia di persone sono costantemente
    perseguitate, arrestate, tenute in custodia cautelare per lunghi periodi e poi condannate a
    pesanti pene detentive per motivi meramente politici. Coloro che non accettano di pentirsi
    dei loro “misfatti” o di mostrarsi “docili” vengono sottoposti a punizioni aggravate.
    5) il diritto di difesa di Abdullah Öcalan continua ad essere violato. I suoi avvocati hanno
    confermato che non sono state consentite comunicazioni con lui dal 25 marzo 2021.
    L’isolamento di Abdullah Öcalan è stato inasprito dalle autorità turche in seguito al rapporto della Commissione contro la tortura del Consiglio d’Europa (CPT) dell’agosto 2020, nel quale si sottolineava che “il regime di isolamento” praticato sull’isola di İmralı è “inaccettabile” e raccomandava alle autorità turche di prendere misure per migliorare questa situazione “senza ulteriori indugi”. Il governo turco ha reagito vietando a Öcalan nuove visite da parte della famiglia e degli avvocati e vietando altresì ogni comunicazione telefonica, peggiorando così ulteriormente le sue condizioni di isolamento.
    Chiediamo che il CPT monitori l’attuazione delle raccomandazioni formulate alle autorità turche nel suo rapporto per il rispetto del diritto internazionale, e che domandi loro di poter incontrare personalmente Öcalan e i suoi avvocati.
    I membri della delegazione sono estremamente preoccupati per il mancato rispetto da parte delle autorità turche delle raccomandazioni degli organismi internazionali per i diritti umani, e ancora di più per il silenzio degli stessi organismi internazionali, in particolare per il fatto che la delegazione del CPT in visita in Turchia nel 2021 non si sia recata a İmralı né abbia fornito alcuna informazione sullo stato di salute di Öcalan.
    Dopo tutti questi anni, nonostante le torture subite, quello di Öcalan rimane un messaggio di conciliazione con il quale si insiste sulla necessità di riavviare un percorso di pace e democratico.
    Riteniamo che la sua presenza al tavolo dei negoziati sia un fattore essenziale per la pace nella regione.
    Ci appelliamo a tutte le istituzioni che nel mondo sono responsabili per l’attuazione delle convenzioni internazionali sui diritti umani e per il mantenimento dello stato di diritto affinché facciano sentire la loro voce per chiedere che l’isolamento di Abdullah Öcalan abbia fine senza ulteriori indugi.
    È giunto il momento che il mondo si assuma le sue responsabilità.
    Andrea Kocsondi, membro dell’esecutivo della Federazione Generale dei Sindacati (GFTU), Regno Unito.
    Barbara Spinelli, co-presidente dell’Associazione europea degli avvocati per la democrazia e i diritti umani nel mondo.
    Christine Blower, ex segretaria generale dell’Unione Nazionale degli Insegnanti, Gran Bretagna.
    Clare Baker, responsabile internazionale del sindacato britannico Unite.
    Claire Jones, segretaria generale della Società degli impiegati sindacali (SUE), Regno Unito.
    Dimitri Roussopoulos, editore e redattore, scrittore, ecologista e organizzatore di comunità.
    Doug Nicholls, leader della Federazione Generale dei Sindacati, Regno Unito.
    Federico Venturini, ricercatore associato all’Università di Udine (Italia).
    Kariane Westrheim, professoressa di scienze dell’educazione all’Università di Bergen, presidentessa dell’EUTCC, Norvegia.
    Laura Quagliuolo, editor e scrittrice italiana.
    Mahmoud Patel, accademico, studioso di diritto e attivista dei diritti umani, Sudafrica.
    Margaret Owen OBE, Avvocata, Regno Unito.
    Melanie Gingell, avvocata e docente di diritto internazionale dei diritti umani.
    Radha D’Souza, professoressa di diritto, avvocata e scrittrice, attualmente docente di diritto all’Università di Westminster, Regno Unito.
    Şerife Ceren Uysal, co-segretaria generale dell’Associazione europea degli avvocati per la democrazia e i diritti umani nel mondo.
    Shavanah Taj, segretaria generale del TUC, Galles.
    Thomas Jeffrey Miley, studioso di sociologia all’Università di Cambridge.
    Ögmundur Jónasson, ex ministro della giustizia islandese.
    Per contatti e informazioni
    Federico Venturini: venturini@inventati.org
    Barbara Spinelli: avv.barbaraspinelli@gmail.com
    Laura Quagliuolo: laura.quagliuolo@gmail.com

  • Turchia: arrestate attiviste per i diritti delle donne
    16.03.22 – Associazione per i Popoli Minacciati
    ripreso da PRESSENZA
    Questa mattina a Diyarbarkir (Turchia) 24 donne attiviste del movimento per i diritti delle donne sono state arrestate dalla polizia turca. Tra esse la presidente e parte del direttivo dell’associazione Rosa Kadın Derneğ. Dell’associazione Rosa Kadin, fanno parte artiste, registe, intellettuali, femministe che operano per l’emancipazione ed i diritti delle donne e sono state fermate insieme ad altre rappresentanti della vita politica e culturale della città.
    Secondo alcune fonti il pretesto per l’arresto è da mettere in relazione alle attività svolte la per la giornata internazionale della donna svoltasi l’8 marzo a Diyarbakir.
    Insieme a queste donne nel 2021 l’Associazione per i popoli minacciati ha collaborato nell’ambito di The Purple Meridians, un progetto sulla parità di genere finanziato da Eurimages – Council of Europe, mentre oggi, per questo tipo di attività, premiate dall’Europa, le donne di Diyarbakir sono state arrestate in massa.

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