Colombia: ricostruire la verità sulle cause del conflitto

Pubblicata su Altreconomia l’intervista a Carlos Beristain, membro della Comisión de la Verdad nata dopo l’accordo di pace tra il governo e le Farc.

di Ylenia Sina (*)

 

Quattro anni e mezzo di lavoro per un totale di 15mila interviste e 30mila persone coinvolte. Indagini approfondite su 730 atti violenti, 28 Case della verità e 53 Spazi di ascolto. Più di 23mila ore di ricerca su documenti storici e archivi. Sono solo alcuni dei numeri del lavoro dalla Comisión de la Verdad istituita in Colombia nell’ambito dell’accordo di pace firmato nel 2016 tra il governo di Santos e il gruppo guerrigliero delle Farc, con il mandato di chiarire le cause di cinquant’anni di conflitto armato interno e di ridare dignità alle vittime che ne hanno subito le conseguenze. Ne è nato un Rapporto finale diviso in più volumi e una piattaforma multimediale che è diventata un vero e proprio archivio sulle violazioni dei diritti umani legate al conflitto colombiano. “Non abbiamo redatto un semplice report ma avviato un processo sociale”, sintetizza Carlos Beristain, medico e psicologo spagnolo, tra i membri della Commissione e con una lunga esperienza sul campo, che il 16 dicembre ha presentato il rapporto finale presso la sede del Tribunale permanente dei popoli, a Roma.

I numeri restituiscono la misura di ciò che ha affrontato la Commissione: 450mila morti, 120mila desaparecidos, oltre 16mila minori reclutati. E il 75 per cento delle violazioni è avvenuta in anni recenti, tra il 1996 e il 2007. Dottor Beristain, può presentare a un lettore italiano il rapporto finale?
CB
 Fin dall’inizio le persone ci hanno chiesto di ricostruire una verità in grado di spiegare perché in Colombia non è mai stata raggiunta la pace. Per questo il rapporto punta a una visione globale del conflitto. È composto da dieci volumi. Ce n’è uno dedicato alla storia, un altro alle violazioni dei diritti umani commesse da tutti gli attori coinvolti, non solo le Farc, ma anche gli altri soggetti della guerriglia o i gruppi paramilitari. Poi ce n’è un altro che si concentra sull’impatto della guerra sulle donne, spesso oggetto di violenze, e sul loro contributo per la pace. Per la prima volta sono state considerate anche le persone Lgbtiq+: è emerso che la violenza nei loro confronti non arriva solo dagli attori armati ma anche da una dimensione autoritaria della società.
Un’altra novità è il capitolo relativo al milione di colombiani in esilio, mai riconosciuti come vittime della guerra al contrario degli otto milioni di persone costrette a spostamenti interni. Un altro volume importante è quello dedicato alle popolazioni indigene e afrodiscendenti, perché i numeri ci dicono che la guerra si è sviluppata soprattutto nei territori rurali: il 60 per cento delle vittime è composto da contadini. In generale, va ricordato che il 90 per cento dei morti e dei desaparecidos sono civili, mentre solo il 10 per cento sono guerriglieri e paramilitari. Di fatto, la guerra in Colombia è stata combattuta contro la popolazione per mantenere il controllo del territorio. Invece una parte della società ha osservato il conflitto come se avvenisse in un altro Paese. Per esempio, le classi medie cittadine sono rimaste più colpite dai sequestri delle Farc che non dai massacri di contadini da parte dei paramilitari.
Infine, con le raccomandazioni riflettiamo sui fattori di persistenza del conflitto. Perché non è mai stata raggiunta la pace? Uno dei motivi risiede nel fatto che è sempre stata cercata una pace parziale, solo con alcuni attori armati e che una parte delle élite del Paese l’ha ostacolata. La Colombia è un Paese ferito dove ognuno ha costruito la difesa della propria identità. Per questo riteniamo centrale costruire consapevolezza di ciò che è accaduto con una visione globale.

(*) Leggi l’articolo completo ripreso da Altreconomia: https://altreconomia.it/ricostruire-la-verita-sulle-cause-del-conflitto-in-colombia-e-il-primo-passo-per-la-pace

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