Guerre: il pastore cerca sempre di convincere il gregge che…

… gli interessi del bestiame e i suoi sono gli stessi.

Articoli di Markus Andersson, Fulvio Scaglione, Alberto Negri, J. Measheimeir, Tonio Dell’Olio, generale Bartolini,Guido Salerno Aletta, Gianandrea Gaiani, Evgenij Maslov, Vittorio Rangeloni, Davide Malacaria, Giulio Chinappi, Manlio Dinucci, Stefano Orsi, Angelo Baracca, Dario Lo Scalzo, Marco Ludovico, Roberto Mazzoni, Francesco Masala e in video Totò.

Ucraina: al via la delegazione “Stop the War Now” guidata da Un Ponte Per e dal Movimento Nonviolento

Da 26 settembre al 3 ottobre una delegazione italiana di organizzazioni della società civile sarà in Ucraina nell’ambito delle attività svolte dalla rete “Stop the War Now”. Tra gli obiettivi della missione il sostegno alle realtà nonviolente ucraine impegnate nella costruzione della pace. Per il Movimento Nonviolento la delegazione sarà composta da 6 persone: Caterina Del Torto, Daniele Taurino, Daniele Quilli, Daniele Sartori, Fabio Salandini e il presidente Mao Valpiana.

Partirà il prossimo 26 settembre e resterà in Ucraina sino al 3 ottobre la delegazione della società civile italiana guidata dalla Ong Un Ponte Per e dal Movimento Nonviolento nell’ambito delle iniziative della rete “Stop the War Now”, nata per costruire dal basso un’alternativa alla guerra in corso e per contribuire alla immediata cessazione dell’invasione russa dell’Ucraina e all’avvio di negoziati tra le parti per dirimere con la diplomazia le attuali controversie.

Dopo due delegazioni e alcune missioni esplorative realizzate nei mesi passati, le organizzazioni della carovana “Stop The War Now” torneranno in Ucraina per svolgere una serie di incontri con la società civile impegnata nel supporto umanitario alle vittime del conflitto, nella costruzione della pace, nel sostegno all’obiezione di coscienza e nelle azioni di resistenza nonviolenta.

Faranno parte della delegazione attiviste/i e rappresentanti delle organizzazioni italiane: ARCI, ARCS, Anche Noi Cittadinanza Attiva, Casa Delle Donne Pisa, COSPE, Centro Studi Sereno Regis, Gruppo Abele, EQUA, Libera, Pax Christi, JEF Europa, Movimento Nonviolento e Un Ponte Per.

Tra gli obiettivi della missione quello di gettare le basi per stringere accordi di partenariato tra gli oltre 175 enti italiani che fanno parte della rete “Stop the War Now” e organizzazioni della società civile ucraini, tra cui i sindacati ed università locali; la possibilità di stringere accordi per scambi giovanili tra le università italiane e quelle ucraine, e il rilancio a livello internazionale della campagna di sostegno agli obiettori di coscienza ucraini attualmente sotto processo o inchiesta da parte della Procura Generale ucraina, accusati di alto tradimento. Tra loro anche il giornalista Ruslan Kotsaba, sotto processo per aver diffuso appelli contro la guerra. Analoga campagna di sostegno agli obiettori di coscienza è portata avanti anche sul versante della Russia, tanto più alla luce di una sempre crescente mobilitazione alle armi dei giovani russi decisa da Putin.

La delegazione ha l’obiettivo di gettare ponti e costituire reti tra tutti quei soggetti, laici e religiosi, che si pongono il problema della convivenza tra diversi, del rispetto del pluralismo linguistico e culturale, del sostegno anche psicologico alle vittime della violenza e della guerra.

La delegazione sarà anche l’occasione per lanciare una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi per sostenere le spese legali e processuali degli attivisti ucraini sotto inchiesta, e sostenere il loro prezioso lavoro di costruzione della pace (maggiori informazioni a questo link: www.unponteper.it/ucraina-stop-the-war-now).

Denso il programma degli incontri, che prevedono tra le altre cose una tappa a Chernivtsi, città nella quale l’università ha accolto centinaia di persone sfollate e si trova in estremo bisogno di aiuti umanitari, e numerosi scambi con esponenti di associazioni, tra cui Il Movimento Pacifista Ucraino, e sindacati nella città di Kiev. La delegazione italiana porterà nel paese anche un carico di aiuti umanitari destinati alla popolazione.

da qui

 

COME GLI STATI UNITI HANNO PIANIFICATO LA GUERRA E LA CRISI ENERGETICA IN EUROPA – Markus Andersson

In quella che sembra essere un’eccezionale fuga di notizie interna dal think tank RAND Corporation, noto tra l’altro per essere stato dietro la strategia americana per le politiche estere e di difesa durante la Guerra Fredda, viene fornito un resoconto dettagliato di come la crisi energetica in Europa sia stata pianificata dagli Stati Uniti.

Il documento, che risale a gennaio, riconosce che l’aggressiva politica estera perseguita dall’Ucraina prima del conflitto spingerebbe la Russia a dover intraprendere un’azione militare contro il Paese. Il suo vero scopo, sostiene, era quello di spingere l’Europa ad adottare un’ampia gamma di sanzioni contro la Russia, sanzioni che erano già state preparate.
Di conseguenza, l’economia dell’Unione europea, afferma, “crollerà inevitabilmente” e i suoi autori si rallegrano del fatto che, tra le altre cose, risorse fino a 9 miliardi di dollari torneranno negli Stati Uniti e persone ben istruite e giovani in Europa saranno costretti ad emigrare.
L’obiettivo chiave descritto nel documento è dividere l’Europa – in particolare Germania e Russia – e distruggere l’economia europea inserendo utili idioti in posizioni politiche per impedire alle forniture energetiche russe di raggiungere il continente.
Come primo punto di azione in Europa, la rivista svedese “Nya Dagbladet” può pubblicare quelli che sembrano essere piani riservati degli Stati Uniti per schiacciare l’economia europea attraverso una guerra in Ucraina e una crisi energetica indotta.

Il think tank di RAND Corporation , che ha un’enorme forza lavoro di 1.850 dipendenti e un budget di 350 milioni di dollari, ha l’obiettivo ufficiale di “migliorare le politiche e il processo decisionale attraverso la ricerca e l’analisi”. È principalmente collegato al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ed è noto per essere stato influente nello sviluppo di strategie militari e di altro tipo durante la Guerra Fredda.

Un documento firmato RAND, sotto il titolo di apertura “Indebolire la Germania, rafforzare gli Stati Uniti”, suggerisce che c’è un “bisogno urgente” di un afflusso di risorse dall’esterno per mantenere l’economia americana nel suo complesso, ma “soprattutto il sistema bancario”.

” Solo i paesi europei vincolati dagli impegni dell’UE e della NATO possono fornirci queste linee di azione senza costi militari e politici significativi per noi “.

Secondo RAND, il principale ostacolo a questa ambizione è la crescente indipendenza della Germania. Tra le altre cose, sottolinea che la Brexit ha dato alla Germania una maggiore indipendenza e ha reso più difficile per gli Stati Uniti influenzare le decisioni dei governi europei.

Un obiettivo chiave che permea questa cinica strategia è, in particolare, distruggere la cooperazione tra Germania e Russia, così come la Francia, che è vista come la più grande minaccia economica e politica per gli Stati Uniti.
” Se attuato, questo scenario alla fine trasformerà l’Europa in un concorrente non solo economico, ma anche politico degli Stati Uniti “, dichiara.

L’unico modo: “portare entrambe le parti in guerra con l’Ucraina”.
Per schiacciare questa minaccia politica, viene presentato un piano strategico, incentrato principalmente sulla distruzione dell’economia tedesca.

” L’interruzione delle consegne russe potrebbe creare una crisi sistematica che sarebbe devastante per l’economia tedesca e indirettamente per l’Unione europea nel suo insieme “, afferma, e ritiene che la chiave sia trascinare in guerra i paesi europei.

“ L’unico modo possibile per garantire che la Germania rifiuti le forniture energetiche russe è coinvolgere entrambe le parti nel conflitto militare in Ucraina. Le nostre continue azioni in questo paese porteranno inevitabilmente a una risposta militare dalla Russia. È chiaro che la Russia non lascerà la pressione del massiccio esercito ucraino sulla Repubblica popolare di Donetsk senza una risposta militare. Questo permetterebbe di ritrarre la Russia come la parte aggressiva e quindi attuare l’intero pacchetto di sanzioni, che è già stato redatto ”.

I partiti verdi costringeranno la Germania a “cadere nella trappola”.
I partiti verdi in Europa sono descritti come particolarmente facili da manipolare per portare a termine le direttive dell’imperialismo americano.

“ Il prerequisito perché la Germania cada in questa trappola è il ruolo dominante dei partiti verdi e delle ideologie europeiste. Il movimento ambientalista tedesco è un movimento altamente dogmatico, se non fanatico, il che rende abbastanza facile convincerli a ignorare le argomentazioni economiche ”, scrive, citando l’attuale ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, e il ministro del clima, Robert Habeck , come esempi di questo tipo di politico.

“ Caratteristiche personali e mancanza di professionalità fanno presumere che sia impossibile per loro riconoscere i propri errori nel tempo. Sarò quindi sufficiente per formare rapidamente un’immagine mediatica della guerra aggressiva di Putin – e trasformare i Verdi in ardenti e accaniti sostenitori delle sanzioni – un “partito di guerra”. Ciò consentirà di irrogare le sanzioni senza alcun ostacolo ”.

Baerbock è, tra l’altro, ben nota per aver dichiarato che continuerà la sospensione del gas russo anche durante l’inverno, indipendentemente da ciò che i suoi elettori pensano della questione e dalle conseguenze per la popolazione tedesca.

– Resteremo con l’Ucraina, e questo significa che le sanzioni rimarranno, anche nel periodo invernale, anche se diventa davvero difficile per i politici , ha affermato di recente in una conferenza a Praga.

I politici del Partito dei Verdi Annalena Baerbock (a sinistra) e Robert Habeck (a destra) sono descritti dagli Stati Uniti come idonei per essere stati manipolati per attuare direttive per conto degli Stati Uniti, in particolare l’obiettivo di distruggere l’economia tedesca. “Idealmente – una completa interruzione delle forniture”
Gli autori esprimono la speranza che il danno tra Germania e Russia sarà così grande da rendere impossibile per i paesi di ristabilire relazioni normali in seguito.

“ Una riduzione delle forniture energetiche russe – idealmente, un arresto completo di tali forniture – porterebbe a risultati disastrosi per l’industria tedesca. La necessità di deviare quantità significative di gas russo per il riscaldamento invernale aggraverà ulteriormente le carenze. I lockdown nelle imprese industriali provocherebbero carenze di componenti e pezzi di ricambio per la produzione, una rottura delle catene logistiche e, infine, un effetto domino ”.

In definitiva, un crollo totale dell’economia in Europa è considerato sia probabile che auspicabile.

“ Non solo darà un colpo devastante all’economia tedesca, ma l’intera economia dell’intera economia dell’UE crollerà inevitabilmente. “

Sottolinea inoltre che i vantaggi delle società con sede negli Stati Uniti che hanno una minore concorrenza sul mercato mondiale, i vantaggi logistici e il deflusso di capitali dall’Europa significherebbero che sarebbero in grado di contribuire all’economia degli Stati Uniti di circa 7 -9 trilioni di dollari. Inoltre, sottolinea anche l’importante effetto che molti europei ben istruiti e giovani sono costretti a immigrare negli Stati Uniti.

La RAND, una volta trapelato, nega di aver originato il rapporto.
Mercoledì la RAND Corporation ha rilasciato un comunicato stampa negando che il rapporto provenga da loro. Non vengono fatti commenti su quali parti del rapporto sono false o accurate, a parte scrivere semplicemente che il contenuto è “bizzarro” e che il documento sia falso”.

markus.andersson@nyadagbladet.s
https://nyadagbladet.se/utrikes/shocking-document-how-the-us-planned-the-war-and-energy-crisis-in-europe/

Traduzione: Luciano Lago

da qui

Io non sono Pasquale – Francesco Masala

…In una civiltà morente, il prestigio politico è la ricompensa non del diagnostico più sagace, ma di chi si comporta con più tatto al capezzale. È la decorazione conferita alla mediocrità dall’ignoranza…

da La maschera di Dimitrios, di Eric Ambler, 1937 (pag. 57, edizione 2004)

Il caso del rapporto della Rand corporation è interessante.

Se pure non fosse vero è verosimile, e quello che descriverebbe ex-ante è la sintesi di quello che sta succedendo ed è successo, cioè qualcuno ha scritto quello che è successo con una data di qualche mese fa.

Le classi dirigenti dei paesi europei della Nato non capivano che dal 2014, per otto anni, la politica della Nato, attuata dall’Ucraina, è stata quella di costringere la Russia ad intervenire?

Ci sono riusciti, e dopo tanti anni sono stati felici di combattere un invasore diverso da loro stessi.

A me viene in mente Totò:

I Paesi europei sono come Totò, entrano in una recessione pluriennale ridendo, loro non sono Pasquale, noi non siamo Pasquale.

Quando capiranno che tutte le armi che mandano in Ucraina contro i russi servono solo per sparare contro i paesi europei, che sono in un gioco più grande di loro, sarà troppo tardi.

E quando il mantra dell’integrità territoriale diventerà carta straccia, venerato solo dal 24 febbraio dai paesi della Nato, verranno rimpianti con copiose lacrime, un fiume di lacrime,  gli accordi di Minsk, tutti vogliono la pace, ma gli accordi di Minsk erano un accordo di pace, mai rispettato.

Il punto gravissimo è che le classi dirigenti europee hanno scelto senza obiezioni la guerra per procura (la chiamiano così gli irresponsabili, che credono di avere le mani pulite) contro la Russia, come se non ci fosse un passato e un futuro, e tutti noi cittadini lo subiremo sulla nostra pelle per molti anni.

Trattare così il proprio paese e i propri cittadini è proprio alto tradimento.

Ma niente fucilazioni, per carità, l’Europa ha radici cristiane, ci dicono ogni giorno.

Cosa c’è di meglio di una crocefissione in prima serata in tv, è una bellissima idea di George Carlin, mutatis mutandis, quella della crocefissione.

Una ventina di politici, europei e italiani, una volta alla settimana, per un anno, che pena esemplare e istruttiva!

 

siamo entrati in possesso di una lettera, che riproponiamo:

L’Impero scrive a Zelensky

Evitando tutte le formalità, vogliamo ricordarti i termini del nostro accordo.

Tu fai quello che diciamo noi, ti abbiamo dato tutto quello che volevi, hai ville milionarie in molte parti del mondo, non devi dimenticarti mai che noi siamo il produttore e il regista, tu un mediocre attore, il più pagato del mondo.

Ricordi quando volevi fare la pace con Putin, ad aprile? Ti abbiamo mandato con urgenza Boris, che ti ha rimesso sulla retta via.

Avrai letto il nostro piano, quello della Rand, l’abbiamo reso pubblico solo adesso, non potevamo prima, come capisci benissimo.

Otto anni di provocazioni contro i russi, ce ne hanno messo per intervenire, il nostro piano è quello di distruggere la Russia, come piace a voi stati dell’Est e rubare tutto il possibile, siamo i migliori in questo, lo sanno tutti. Quello che non si sapeva pubblicamente e che il rapporto della Rand ha reso chiaro, per chi non l’aveva capito, il nostro piano ancora più importante, è quello di rovinare la Germania (e quindi l’Europa), mors tua vita mea, è la legge dei vampiri.

Chissà se capisci di economia, stavamo per crollare economicamente quando qualcuno (non diremo mai chi) ha pensato a una cosa impossibile da pensare prima, agli attentati dell’undici settembre. Da lì siamo rinati, ma non può durare per sempre, l’economia e il dollaro erano di nuovo in una crisi crescente e irreversibile.

E abbiamo “scoperto” l’Ucraina, un perfetto shithole country (come vi chiama il nostro presidente Trump), da sfruttare e poi gettare nel cesso.

Ora, strapagato Zelensky, non ci rompere le palle con i 60 o 70 mila soldati ucraini morti, poverino, non capivi che le bombe atomiche russe cadranno sull’Ucraina, noi continueremo a provocare, in questa bellissima guerra per procura, nessun soldato dei nostri è tornato in un sacco nero di plastica, la Russia sarà la pecora nera, la Germania è fottuta (e i paesi europei con lei), se l’Ucraina sparirà dalle carte geografiche a noi non interessa.

Tu continua a fare il chiagne e fotte in tutto il mondo, sapevi che il tuo è un numero senza rete, o continuerai con le standing ovations, o finirai ammazzato, tutto può succedere.

Per questo ti invitiamo, Zelensky, a non prendere iniziative che l’Impero non voglia.

 

REFERENDUM, L’ARMA TOTALE DEL CREMLINO – Fulvio Scaglione

Chi temeva che dal discorso di Vladimir Putin uscisse una dichiarazione ufficiale di guerra all’Ucraina, ora deve preoccuparsi ancora di più. Non per la mobilitazione parziale annunciata dal Presidente e quantificata in 300 mila uomini (“Con concreta esperienza militare e secondo le specializzazioni richieste dai comandi delle forze armate”) dal ministro della Difesa Shoigu, ma per la decisione di cui questa mobilitazione è solo la conseguenza. Ovvero, la decisione di far svolgere nella Repubblica di Donetsk, in quella di Lugansk e nei territori “liberati” delle regioni di Kherson e Zaporozhye i referendum per l’annessione alla Russia.

L’esito di questi referendum è scontato. Nel Donbass che da dieci anni combatte per la secessione, e nel Sud dell’Ucraina controllato dai russi, i votanti chiederanno l’annessione alla Russia, che prontamente la concederà. Quindi, dal punto di vista di Mosca, questi territori diventeranno Russia a tutti gli effetti. E Putin ha detto chiaro e tondo che “la Russia, quando sente minacciata la propria identità territoriale, ricorre a tutti i mezzi di cui dispone per difenderla. E questo non è un bluff”. Tradotto: se l’Ucraina attaccherà quella nuova parte di Russia (e Putin non a caso ha parlato della “grande Russia storica”), o peggio ancora attaccherà con un appoggio diretto e più esplicito dei Paesi occidentali, siamo pronti a usare le armi atomiche tattiche.

È l’esito drammatico di una crisi in cui tutti i protagonisti hanno giocato al “tanto peggio tanto meglio”. Gli Usa hanno fomentato per lunghi anni il conflitto, come hanno fatto in ogni parte del mondo (dal Caucaso al Medio Oriente) in cui i loro interessi non fossero sufficientemente garantiti. La UE, e in primo luogo Francia e Germania che erano i garanti agli Accordi di Minsk, ha assistito ignava all’incancrenirsi del conflitto nel Donbass, che è diventato di colpo Europa solo dopo l’invasione russa. Il Cremlino si è tuffato in una guerra da cui la Russia, anche se affermasse la propria autorità su una parte consistente dell’Ucraina, non può trarre reali vantaggi. L’Ucraina non ha mai avuto una seria intenzione di affrontare e risolvere il problema del Donbass senza ricorrere all’uso della forza.

Il risultato è questo. Una minaccia di guerra atomica in un mondo già minacciato da una delle crisi economiche più profonde di sempre. In giro, nessuno. Nessuno che abbia un’idea solida di come uscire da questo vicolo cieco. E, quel che è peggio, nessuno che sembri intenzionato a provarci.

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Da Saddam a Putin: armi di distruzione di massa – Alberto Negri

 

Nel 2003 Usa e Gb attaccarono Saddam Hussein spergiurando che l’Iraq possedeva armi di distruzione di massa che non furono mai trovate. Ora l’Occidente le ha trovate dove si sapeva che già c’erano. Putin messo all’angolo fa paura: ma dove pensavate di vivere in Europa? In un mondo di frutta candita dove a morire sono gli altri e voi vincete le guerre?

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Draghi statista dell’anno? Mah…- Alberto Negri

Fatto fuori in Parlamento da un partito della sua stessa maggioranza, architetto delle sanzioni contro la Russia, come scrive il Financial Times, Draghi è stato ignorato dall’Europa e dalla Germania sul tetto al prezzo del gas e non è riuscito a mettere in sicurezza il Paese sull’energia. Premiato statista dell’anno dalla fondazione del rabbino Arthur Schneier, Draghi si è scagliato giustamente contro le autocrazie, non una parola però sul doppio standard delle democrazie come Israele sui palestinesi. Ma come diceva don Abbondio, uno il coraggio non se lo può dare.

da qui

 

 

scrive J. Measheimeir

In questo momento di svolta epocale della guerra, di pericolo di una guerra totale come non si era mai vista prima bisogna ricordare le cause di tutto perché solo comprendendo le cause si avrà una bussola per capire quello che succede. In questa lezione il prof. J. Measheimeir spiega il suo unto di vista che ha sviluppato in maniera molto dettagliata a partire dal primo articolo su l’Ucraina del 2014. Ad oggi lo trovo ancora molto convincente. Queste le sue conclusioni:

<<In conclusione, il conflitto in corso in l’Ucraina è un disastro colossale che, come ho notato all’inizio del mio intervento, porterà le persone di tutto il mondo a cercarne le cause.

Coloro che credono nei fatti e nella logica scopriranno rapidamente che gli Stati Uniti e i loro alleati sono i principali responsabilidi questo naufragio. La decisione dell’aprile 2008 di far entrare l’Ucraina e la Georgia nella NATO era destinata a portare a un conflitto con la Russia.

Principale artefice di quella fatidica scelta fu l’ammistrazione Bush, ma le amministrazioni Obama, Trump e Biden Trump e Biden hanno raddoppiato la loro politica in ogni occasione e gli alleati dell’America l’hanno doverosamente seguita anche se i leader russi hanno chiarito perfettamente che portare l’Ucraina nella Nato nella NATO avrebbe oltrepassato la più brillante delle linee rosse.

Gli Stati Uniti si sono semplicemente rifiutati di assecondare le più profonde preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza sicurezza della Russia e si sono invece mossi senza sosta per fare dell’Ucraina un occidentale al confine con la Russia.

La reagica verità è che se l’occidente non avesse perseguito l’espansione della Nato in Ucraina in Ucraina, è improbabile che oggi ci sarebbe una guerra in Ucraina oggi e la Crimea sarebbe ancora parte dell’Ucraina.

In sostanza, Washington ha giocato il ruolo centrale nel condurre l’Ucraina sulla strada della distruzione. distruzione.

La storia giudicherà gli Stati Uniti e Stati Uniti e i suoi alleati con molta durezza per la loro politica incredibilmente insensata in Ucraina.>>

da qui

 

 

Di quale difesa abbiamo bisogno? – Tonio Dell’Olio

 

Sono pronto ad accettare scommesse. Se si chiedesse agli italiani di

scegliere come destinare il 2% del Pil, ovvero 104 milioni di euro al

giorno, non sceglierebbero – come hanno fatto Parlamento e Governo –

di investire nell’acquisto di armamenti di nuova generazione e

aumentare il potenziale bellico nazionale. Si tratta – in questo caso

– di investire nella difesa e nella sicurezza per scoraggiare un

eventuale e ipotetico attacco di un esercito nemico. Sono pressoché

certo che gli italiani e le italiane sceglierebbero piuttosto di

destinare quei fondi a un programma di messa in sicurezza del

territorio a difesa degli abitanti dai disastri generati dai

cambiamenti climatici. Nel primo caso si tratta di un’ipotesi che

sappiamo assai remota, e nel secondo di una vera e propria emergenza

in atto di cui ci ricordiamo ogni qualvolta un fiume esonda, una bomba

d’acqua produce alluvioni e allagamenti, una tromba d’aria distrugge

tutto ciò che incontra sul proprio percorso, un periodo di siccità

ruba l’acqua alla terra e agli esseri viventi. La terra ha bisogno di

essere rattoppata per i danni che abbiamo prodotto sottraendole suolo

e provocando un cambio del ciclo naturale delle stagioni. C’è bisogno

di far ripartire aziende e attività ferite, di formare le persone a

nuovi comportamenti, di arginare e ripartire. Per fare tutto questo

servono tante cose ma non le armi. Scommettiamo?

da qui

 

 

SALVARE LA TERRA – FERMARE LA GUERRA

Revochiamo le sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace.

Indirizziamoci verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto!

Abbiamo elaborato il presente appello a favore della abrogazione unilaterale delle sanzioni alla Russia, interpretando la precisa volontà in questo senso della maggioranza del popolo italiano: 53%, secondo gli ultimi sondaggi. Si tratta di una opinione pacifista inascoltata e disattesa nelle decisioni politiche, governative e parlamentari, seppure, per l’appunto, maggioritaria. Allo stesso modo non sono esauditi a livello di politiche istituzionali, che si pretendono democratiche, i temi collegati, sui quali gli italiani hanno una opinione maggioritaria riconosciuta o addirittura indiscutibile, del non inviare armi all’Ucraina, della riduzione delle spese militari, del disarmo “atomico” e della denuclearizzazione attraverso la ratifica del Trattato di proibizione delle armi nucleari, il rifiuto di nuovi euromissili, il rispetto dei referendum dei 2011 sui beni comuni (acqua pubblica e no all’energia nucleare).

Lo lanciamo – l’appello – per l’intanto a livello nazionale rivolgendoci a associazioni, movimenti e singoli cittadini al fine di esercitare pressioni sulle forze politiche, dentro e oltre la campagna elettorale in corso in Italia, affinché desistano dal proseguire sulla strada pericolosa di affiancare una guerra economica ad una guerra militare per procura. Una strada che le nostre élites hanno imboccato con riflessi automatici di fedeltà atlantista distruttivi ed autodistruttivi.

La necessità di una mobilitazione ampia per opporsi alle sanzioni e alla rovina cui, con ogni evidenza, conducono va riconosciuta in nome innanzitutto della pace, che esige la cessazione di ogni aiuto militare all’Ucraina, al di là di ogni considerazione sulla sua efficacia contingente sul campo, e pur nella condanna della aggressione militare decisa da Mosca e nella solidarietà da non fare mancare, come ci ricorda Papa Francesco, alle sofferenze del popolo ucraino.

L’Europa, sollecitata dall’Italia, potrebbe essere indotta ad una inversione a U rispetto alla direzione della lunga guerra per procura che ha intrapreso, per indirizzarsi invece a un lavoro di ricostruzione diplomatica delle condizioni della pace e della stabilità. Andrebbero rimessi al centro i negoziati diplomatici (da dove erano stati interrotti: i protocolli di Minsk) insieme a una nuova riflessione sulla sicurezza dell’area da compiersi di concerto con Mosca, mai dimenticando i diritti di Kiev (nella complessità delle questioni in campo, considerando ad esempio i problemi delle popolazioni russofone fuori dalla Russia).

In nome della pace, quindi; ma anche, per quanto riguarda italiani ed europei:

– Della difesa del potere d’acquisto e dei livelli occupazionali, rifiutando di pagare e subire i costi delle politiche “atlantiche”, consentendo l’azzeramento degli aumenti, anche speculativi, nelle bollette di luce e gas

– della salvavaguardia degli equilibri ecologici globali, pregiudicati dalle distruzioni sul campo foriere di inquinamenti che possono investirci direttamente (gli accordi di Parigi sul clima saltano fisicamente per le vicende ucraine, ma c’è anche il rischio di una possibile contaminazione radioattiva da ZaporizhJa)

– del ripristino di un minimo di correttezza informativa e di pluralismo democratici, estromessi dai media mainstream asserviti alle élites dominanti. Siamo o non siamo in guerra? Se lo siamo lo dicano almeno apertamente e ci parlino con chiarezza della mobilitazione e dei sacrifici che ci vengono eventualmente richiesti!

Poiché, fino a prova contraria, la guerra contro la Russia non è stata dichiarata, e – a parole – si starebbe praticando da parte italiana solo un sostegno alla resistenza ucraina, ecco che pensiamo si debba fare a Vladimir Putin – sempre chiamando in causa con rispetto Zelensky – un discorso molto semplice, chiaro e dialogante.

Noi italiani con il nostro Stato non siamo in guerra con te e soprattutto con il tuo popolo, ma vogliamo proporci come mediatori di pace in questo conflitto insensato con l’Ucraina, per far sì che smetta di minacciare il mondo intero. Siccome,  contro la cultura del nemico, consideriamo l’energia “terreno di cooperazione tra i popoli”, ti proponiamo di continuare a venderci la medesima quantità di petrolio e gas allo stesso prezzo che facevi prima. Poiché siamo intenzionati a rispettare gli accordi di Parigi sul clima che tutto il mondo, compresa la tua Russia, ha firmato, è ovvio che, perseguendo l’obiettivo della decarbonizzazione, usciremo dai combustibili fossili e quindi ne consumeremo sempre di meno. I soldi che dovremmo risparmiare per questo minor consumo tendente allo zero li mettiamo in un fondo per aiutare voi ed insieme gli ucraini a decarbonizzare, come avete deciso nelle varie COP che discutono come attuare Parigi. Quello che ti proponiamo è, per l’intanto su questo aspetto, di lavorare insieme (insieme anche agli ucraini) per fare la pace con la Natura, il compito principale della intera Umanità oggi, per salvare l’ecosistema terrestre che sta bruciando. Il lavoro comune per la decarbonizzazione contribuirà allo sviluppo della pace tra gli uomini, di una comunità mondiale che pratichi la fratellanza/sorellanza: impariamo a percorrere il cammino della nonviolenza laddove le attività militari devono diventare tabù”.

Hanno firmato…

da qui

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=nENeZzmjTBk

Qui il rapporto delle Rand Corporation

 

dice il generale Bartolini

A distanza di oltre sei mesi dall’inizio, quale è il suo giudizio complessivo sul racconto dei media occidentali della guerra?

In guerra, come si dice con un’affermazione banale e vera al tempo stesso, la prima vittima è la verità. Certamente, mai come in questa occasione si è verificata una adesione uniforme di tutti i principali media occidentali ed italiani in particolare a sostegno di una delle due parti. Non avvenne neppure con la guerra in Kosovo, in Libia e Afghanistan, nelle quali eravamo direttamente impegnati con nostre forze: un dibattito relativamente libero era sempre possibile. Ora, invece, è stato fatto passare il messaggio che l’attacco all’Ucraina è un attacco a tutta l’Europa, anzi, all’Occidente, e che in Ucraina si sta difendendo una democrazia compiuta, aggredita da un “dittatore” senza scrupoli. Che con questo “dittatore” abbiano fatto affari tutti i paesi europei, e non solo, per due decenni, realizzando scambi commerciali importanti per la nostra stessa sopravvivenza attuale, pare se ne siano dimenticati tutti. Come tutti sembrano aver dimenticato le critiche alla condotta “democratica” ucraina prima di questa guerra.

Nulla di nuovo, comunque. La stessa cosa avvenne con la seconda guerra mondiale, quando si dovettero attendere i primi rovesci sui nostri fronti per cominciare a registrare qualche alzata di sopracciglio da parte dei nostri media di allora. Non è cambiato nulla, insomma…

da qui

 

Green Deal, una Perestroika fatale per l’UE – Guido Salerno Aletta

 

Come per l’URSS, che collassò per la sovrapposizione tra riforme strutturali e crisi economica sistemica

 

Neppure un anno fa, a fine ottobre a Roma con il G20 e poi a Glasgow con il COP26, il mondo si era unito nell’intento di perseguire la decarbonizzazione della produzione, per contrastare l’innalzamento della temperatura atmosferica e gli sconvolgimenti climatici ed ambientali che ne conseguono. La commozione mostrata dai leader per questo successo straordinario era parsa francamente eccessiva, come il lancio delle monetine nella fontana di Piazza di Trevi, a Roma. Il distinguo della Cina, con impegni non per il 2050 ma verso la metà del secolo, non sminuì la portata dell’evento, definito storico.

L’Unione europea aveva deciso di cavalcare il processo di cambiamento epocale, di questa sorta di Terza Rivoluzione Industriale, per far diventare i 27 Paesi dell’Unione i primi al mondo a raggiungere la neutralità climatica, riducendo di almeno il 55% le emissioni di CO2 entro il 2030 rispetto al livello del 1990: il Programma “FIT for 55”, varato a luglio 2021, rappresentava il completamento di una agenda di lungo periodo, che aveva già disincentivato tutte le iniziative volte ad utilizzare fonti energetiche fossili e soprattutto le nuove interconnessioni energetiche con l’estero.

E’ da anni che l’Unione europea ignora e chiaramente osteggia qualsiasi iniziativa che possa interferire con la strategia di abbandono delle fonti energetiche fossili: non ha avuto alcun sostegno il GALSI, il nuovo metanodotto che avrebbe dovuto collegare l’Algeria con la Sardegna per approdare a Piombino al fine di alimentarne gli impianti siderurgici; la situazione di caos politico in Libia è stata lasciata marcire; è rimasta senza risposta la supponenza con cui la Turchia ha fatto allontanare le imbarcazioni italiane che si erano avvicinate a Cipro per svolgere attività di prospezione sottomarina. Ha lasciato costruire il North Stream 2 alla Germania, perché a Berlino non si può mai dire di no.

Le energie rinnovabili, il solare e l’eolico in particolare, sono state considerate come la manna dal cielo: tutto dipenderà da loro, solo da loro: il Next Generation UE è tutto un tripudio rivolto alla transizione ambientale.

Ed invece siamo nei guai.

Mentre gli Usa sono completamente indipendenti dal punto di vista energetico per via della produzione interna da fonti fossili, per i pozzi di gas e di petrolio nei giacimenti di scisto, e non hanno da temere né per le conseguenze della guerra in Ucraina né per la riduzione delle importazioni di petrolio e di gas dalla Russia, in Europa si stagliano nere le prospettive di una crisi economica e sociale dalle conseguenze imprevedibili

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Ucraina in svendita

Zelensky ha annunciato il 6 settembre alla borsa di New York che il suo Paese è aperto alle società straniere che vorranno venire a sfruttare le sue abbondanti risorse e il lavoro sottopagato, in nome del più puro neoliberismo. Potranno guadagnare oltre 400 miliardi di dollari in opzioni d’investimento che abbraccino partnership pubblico-private o iniziative esclusivamente private. E avranno poche tasse da pagare.

Google, Alphabet e Microsoft hanno manifestato subito il loro entusiasmo sulle possibilità economiche offerte dall’Ucraina. Qualunque impresa occidentale non può che vedere favorevolmente l’apertura incondizionata al mercato, il taglio delle leggi sul lavoro, le tasse e le tariffe ridotte al minimo, la vendita di imprese statali a investitori privati, la totale deregulation a livello industriale.

Zelensky è il peggior nemico del suo Paese. Sta facendo la stessa cosa che fece Pinochet dopo il colpo di stato sostenuto dalla CIA nel 1973.

Fonte: https://multipolarista.com/2022/09/09/zelensky-selling-ukraine-wall-street/

https://www.multipolare.it/2022/09/15/ucraina-in-svendita/

 

 

Le possibili conseguenze del supporto anglo-americano all’offensiva ucraina – Gianandrea Gaiani

 

Cominciano a emergere dettagli circa il rilevante ruolo rivestito dagli anglo-americani nella pianificazione, supporto e forse anche esecuzione (si infittiscono le voci di consiglieri militari e contractors al fianco delle truppe di Kiev) dell’offensiva ucraina nel settore di Kharkiv.

Secondo quanto riportato dal New York Times, che a questo tema ha dedicato un’ampia inchiesta, la controffensiva Ucraina nella regione di Kharkiv è stata coordinata con le intelligence di Stati Uniti e Gran Bretagna, che hanno elaborato con Kiev un piano alternativo all’annunciata operazione a Kherson, che avrebbe causato enormi perdite.

“La strategia alla base dei rapidi progressi militari dell’Ucraina negli ultimi giorni ha iniziato a prendere forma mesi fa durante una serie di intense conversazioni tra funzionari ucraini e statunitensi sulla via da seguire nella guerra contro la Russia”, scrive il NYT citando funzionari americani protetti dall’anonimato.

“Le attività hanno preso il via subito dopo che il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha detto ai suoi generali di voler attuare una iniziativa clamorosa per dimostrare che il suo Paese poteva respingere l’invasione russa. Sotto i suoi ordini, l’esercito ucraino aveva escogitato un piano per lanciare un ampio assalto attraverso il Sud per riconquistare Kherson e isolare Mariupol dalle forze russe nell’Est.

 

I generali ucraini e i funzionari americani credevano che un attacco su larga scala avrebbe causato enormi perdite e non sarebbe riuscito a riconquistare rapidamente grandi porzioni di territorio.  Gli ucraini stavano già subendo centinaia di vittime al giorno in quello che era diventato un conflitto di logoramento. Le forze russe stavano subendo perdite simili ma stavano ancora avanzando, devastando le città ucraine nella regione orientale del Donbass.

Da tempo riluttanti a condividere i dettagli dei loro piani, i comandanti ucraini avevano iniziato ad aprirsi maggiormente ai funzionari dell’intelligence americana e britannica e a chiedere consiglio”, ha scritto il giornale.

“Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, e Andriy Yermak, uno dei massimi consiglieri di Zelensky, hanno parlato più volte della pianificazione della controffensiva. Il generale Mark A. Milley, capo dello stato maggiore congiunto Usa e alti dirigenti militari ucraini hanno discusso regolarmente di intelligence e supporto militare”, prosegue l’articolo, “e a Kiev ufficiali ucraini e britannici hanno continuato a lavorare insieme mentre il nuovo delegato alla difesa americano, il generale Garrick Harmon, iniziava ad avere sessioni quotidiane con gli alti ufficiali dell’Ucraina”.

 

Il tempo era essenziale, ritenevano i funzionari statunitensi e ucraini. Per organizzare un contrattacco efficace, gli ucraini dovevano muoversi prima della prima neve, quando il presidente russo Vladimir Putin avrebbe potuto usare il suo controllo delle forniture di gas per fare pressione sull’Europa”, continua il New York Times spiegando che da una serie di simulazioni era emerso che un contrattacco a Kharkiv sarebbe stato più efficace di un’offensiva a Kherson in quanto Mosca, aspettandosi un’iniziativa in quest’ultimo settore, aveva sguarnito il fronte orientale.

“La Russia è stata indebolita. Non riuscendo a rilevare l’accumulo di forze ucraine intorno a Kharkiv, l’esercito russo ha dimostrato incompetenza e ha dimostrato di non avere una solida intelligence”, conclude il New York Times.

“Il suo comando e controllo sono stati decimati e sta avendo problemi a rifornire le sue truppe, offrendo all’Ucraina un’opportunità nelle prossime settimane”.

 

Possibili conseguenze

Le valutazioni riportate dal NYT contengono anche elementi legati alle opinioni delle fonti citate ma senza dubbio confermano il coinvolgimento diretto degli anglo-americani nell’offensiva ucraina (evidenziato dalle fonti russe nei giorni scorsi) mentre sulla mancata reazione russa allo sfondamento nemico permangono le perplessità espresse nei giorni scorsi da Analisi Difesa.

 

Il pesante sostegno anglo-americano (in termini di mezzi, intelligence e con ogni probabilità anche “mentoring” sul campo di battaglia) assicurato alle forze ucraine giunte ai confini con la regione russa di Belgorod offrono a Mosca l’opportunità di lanciare l’allarme per “il nemico alle porte”, dove il “nemico” non sono solo gli ucraini ma soprattutto militari e contractors delle principali potenze della NATO.

Un argomento sensibile per le forze politiche e per ampi settori dell’opinione pubblica russa, che potrebbe facilitare provvedimenti quali il richiamo di un numero molto elevato di riservisti, questa volta non per una “operazione speciale” ma per neutralizzare la minaccia portata dalla NATO ai confini della Federazione Russa…

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Apocalypse now

 

Non è da escludere che gli USA puntino a un peggioramento della situazione economica europea per fare in modo che si formino coalizioni governative di destra, nettamente filo-atlantiste e disposte a una guerra totale contro la Russia.

In Svezia è appena avvenuto. Nel Regno Unito la Truss non vede l’ora di premere il bottone nucleare. Da noi la triade inguardabile, Meloni-Salvini-Berlusconi, si prepara a vincere. Le destre presenti in vari ex Paesi sovietici, aderenti alla NATO, non sono per nulla rassicuranti, a prescindere dall’atteggiamento verso le sanzioni anti-russe. Macron e Scholz sono seduti sull’ultima gamba delle loro poltrone.

D’altra parte l’inflazione e il debito pubblico sono fuori controllo (oltre 45.000 euro a testa in Italia). E la UE non ha energia sufficiente per scongiurare razionamenti, blackout, fallimenti di imprese commerciali e industriali. Non siamo neppure stati capaci di garantire gli stoccaggi del gas al 100%, né d’impedire folli speculazioni al TTF di Amsterdam. L’euro sta morendo: il rialzo dei tassi d’interesse non ha alcun effetto positivo, anche perché la BCE ha completamente sottovalutato il problema dell’inflazione.

Ci vogliono governi autoritari per fronteggiare disordini sociali, proteste popolari, guerre civili incombenti. È difficile pensare che il conflitto ucraino sia la causa fondamentale di questo pandemonio. Ne è piuttosto il pretesto.

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Gli “strani traffici” ed interessi nascosti della Commissione Europea. Come i funzionari dell’UE guadagnano dal vaccino e dall’Ucraina – Evgenij Maslov

 

Mentre il mondo intero discute sul rapporto pubblicato dalla commissione di scienziati della rivista Lancet, dove non si esclude la probabilità di un’origine di laboratorio del Covid-19, ci sono funzionari che continuano a utilizzare la “finestra di opportunità”. La cosa più paradossale è che in questo caso si tratta di funzionari europei. 

Miliardi per le dosi
È dall’inizio della pandemia, che la dirigenza della Commissione Europea (CE) si è affrettata a combattere attivamente il nuovo virus. Per far ciò, hanno deciso letteralmente di arricchire le case farmaceutiche americane. E il processo di trattative sulla fornitura di medicinali e di un vaccino, che, di fatto, non esisteva ancora, è andato avanti a porte chiuse. Ma gli europei erano talmente spaventati dalla prima ondata di Covid e dalle sue conseguenze da aver accettato quasi tutto. Si sono svegliati solo quando si è saputo che Bruxelles aveva firmato un contratto con BioNTech-Pfizer per l’acquisto di 1,8 miliardi di vaccini, per oltre 35 miliardi di euro. Il tutto doveva essere consegnato nel 2021-2023.

I termini dell’accordo sono tuttora un mistero. Solo alcuni mesi dopo le trattative, la CE, apparentemente per motivi di sicurezza, ha pubblicato una versione sostanzialmente redatta dell’accordo. Non c’è nulla, in esso, riguardo i prezzi, le modalità di pagamento, il controllo della qualità, la responsabilità delle parti e il risarcimento dei danni.

Nell’aprile 2021 il New York Times ha pubblicato un pezzo devastante sulla corrispondenza informale (via SMS e in uno dei messenger) tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il capo dell’azienda farmaceutica americana Pfizer, Albert Burla. Questa corrispondenza, però, non è mai stata pubblicata. Già alla fine di giugno di quest’anno Bruxelles aveva annunciato ufficialmente di non avere a disposizione l’intero testo delle comunicazioni. Tutto ciò nonostante l’indagine che ha portato a riconoscere le azioni della CE come “gestione poco scrupolosa”, e le raccomandazioni del mediatore europeo Emily O’Reilly.

Ma alla fine, da cosa è stato causato un tale clamore? Alcuni dati dell’accordo con BioNTech-Pfizer sono trapelati ai media. Il prezzo del primo lotto di vaccino (300 milioni di dosi) è aumentato da 15,5 a 17,5 euro per dose, per il resto, in un contratto a parte, fino a 19,5 euro, sebbene gli esperti abbiano stimato il costo di produzione dei vaccini mRNA non superiore a 2,85 dollari.

Tra i personaggi di primo piano, il primo ministro bulgaro Boyko Borisov ha reagito con veemenza a queste informazioni. E la stampa rumena ha semplicemente puntato il dito contro il responsabile di un affare così poco vantaggioso. Il giornale Active News ha spiegato il generale imbarazzo in Europa: “In primo luogo, perché la quantità dei vaccini è tre volte l’attuale popolazione dell’Unione Europea. In secondo luogo, perché la fine del 2023, data di scadenza del contratto, coincide con la fine del periodo di sperimentazione del vaccino, che si è deciso di effettuare con procedura d’urgenza. In terzo luogo, ma la von der Leyen da dove sa che la pandemia durerà fino al 2023 e che all’Europa non resteranno vaccini in esubero pari a decine di miliardi di euro?” In breve, l’Unione Europea ha pagato più del dovuto 6,5 miliardi di euro.

Marito e moglie – un solo satana
Sembrerebbe, che tutti si siano aggrappati a Ursula von der Leyen! Bene, in preda al panico, hanno pagato più del dovuto il vaccino. Non sono corsi in Russia per lo Sputnik a buon mercato, ma hanno preferito la Pfizer d’oltremare. Tutto può essere spiegato da motivi geopolitici “santi”. Tuttavia, ci sono sfumature che non possono essere spiegate agli europei.

Il capo della CE (la von der Leyen) ha il marito, Heiko von der Leyen, che lavora per l’azienda americana di biotecnologie Orgenesis. E poi, come si suol dire, basta tener d’occhio una serie di coincidenze. Il vaccino BioNTech-Pfizer è stato sviluppato sulla base dell’mRNA, il quale, una volta entrato nelle cellule, innesca la produzione di proteine che provocano la risposta immunitaria dell’organismo. Su simili studi è impegnata anche Orgenesis. Nel giugno 2020 la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha stipulato un accordo con BioNTech per fornire un prestito di 100 milioni di euro per lo sviluppo di un vaccino contro il coronavirus. E già a settembre Heiko von der Leyen veniva promosso a direttore medico di Orgenesis. L’azienda stessa collabora attivamente con aziende medico-biologiche e università legate a Pfizer, ad esempio, con la Johns Hopkins e la Columbia University, che sono membri della rete dei centri di terapie innovative della Pfizer. Inoltre, anche i tre maggiori azionisti istituzionali di Pfizer (Vanguard Group Inc, Blackrock e State Street Corporation) hanno partecipazioni in Orgenesis. Qui, la questione può essere girata a piacimento, ma il conflitto d’interessi è visibile anche ai ciechi.

Ma tutte queste sono sciocchezze nei confronti di un’altra coincidenza: Orgenesis, creata nel 2012, è stata un’impresa in perdita fino a quando il marito di Ursula von der Leyen non ne ha assunto la carica di direttore medico. Nel 2021, i ricavi dell’azienda sono aumentati del 364%, da 7,7 a 35,5 milioni di euro. Hanno cercato di spiegarlo con il successo della piattaforma innovativa POCare (una rete di centri specialisti che dovrebbe ridurre i costi dei ricercatori, velocizzare il lancio di nuovi farmaci sul mercato e su di loro ampliare l’accesso ai pazienti). Ma ecco il problema: la piattaforma stessa è solo in fase di sviluppo. Allo stesso tempo, Orgenesis riceve sostegno finanziario dagli Stati membri dell’UE e dal budget dell’UE, le cui spese sono gestite, ancora una volta, dalla moglie del signor Heiko.

La reputazione di Ursula
In questa storia è bello il fatto che, al consorte di Von der Leyen abbia “giocato un brutto tiro” la reputazione della stessa Ursula. In primo luogo, anche in Germania, dove lei è stata ministro della Difesa (e molto atlantista), le sue qualità imprenditoriali non erano molto apprezzate. In un primo momento, la nomina di una ginecologa a questa posizione nel 2013 è stata percepita con un sorrisetto: ma se è un’amica della cancelliera Angela Merkel, perché essere sorpresi. Ma dopo cinque anni del suo operato, la gente ha smesso di sorridere: nel 2014, durante le manovre NATO in Norvegia, i soldati tedeschi usavano “scope” al posto dei fucili, e quando Ursula lasciò l’incarico, solo la metà dei caccia tedeschi, meno di un terzo dei corazzati, solo il 23% degli elicotteri d’attacco e il 17% dei sottomarini tedeschi erano “in movimento”. “Ursula von der Leyen è il nostro ministro più debole. Ovviamente, questo è sufficiente per guidare la Commissione Europea”, ha affermato Martin Schulz, ex presidente del Parlamento europeo, il giorno in cui la von der Leyen è stata nominata per il nuovo incarico.

E tutto questo per gli europei, nel suo complesso, non significherebbe nulla (dopotutto, forse, un medico ad aver a che fare con un esercito non ne verrebbe a capo, ma si occuperebbe molto bene degli affari dell’UE), ma anche allora, dietro Ursula c’era un strascico di corruzione. Nel dicembre 2018 il Bundestag avviò un’indagine sulla von der Leyen, con l’accusa di corruzione e favoreggiamento. La Corte dei conti federale tedesca riscontrò decine di violazioni nella distribuzione dei contratti e nell’assunzione di consulenti. Così, nel 2015, il ministero della Difesa tedesco spese 100 milioni di euro in consulenti esterni, anche se ufficialmente dichiarava 2,2 milioni. Un anno dopo, il dipartimento di Ursula spese 150 milioni di euro, dichiarando solo 2,9 milioni. Dopo aver analizzato i contratti stipulati da questi stessi consulenti, i revisori scoprirono un sacco di difetti. A proposito, come per miracolo, tutti i dati sono stati cancellati dai cellulari della von der Leyen. Ricordate come la corrispondenza di Ursula con il capo della Pfizer scomparse nel 2021?

Ucraina senza fondo
Sarebbe interessante sapere cosa accadrà riguardo al telefono di Ursula quando avranno il tempo di controllare il suo lavoro attuale. Sotto la von der Leyen, enormi flussi finanziari passano nelle mani della Commissione Europea, e questo non è solo denaro utilizzato per sostenere i produttori agricoli e aiutare i paesi in via di sviluppo, o fondi di forza maggiore per un vaccino. Già da qualche anno, fondi colossali del salvadanaio dell’UE vanno a Kiev.

Già 5 anni fa, prima che Ursula assumesse la carica di capo della CE, era stato delineato uno schema ucraino. L’UE stanziava denaro a Kiev per combattere la corruzione, denaro che, com’è stato appurato, gli ucraini non hanno mai visto. Un esperto di questioni economiche Aleksander Okhrimenko ha spiegato come ciò succedeva: i soldi ritornano all’Europa con il pretesto di pagare consulenti che danno lezioni senza di senso agli ucraini su cosa sia la corruzione. “200 mila euro per una lezione – solo una sciocchezza! L’intera lezione di solito si riduce a diapositive che dicono semplicemente che la corruzione è un male. Da un lato è divertente, ma dall’altro tutti capiscono che si tratta di una semplice truffa”. A quel tempo, l’UE aveva già stanziato 16 milioni di euro all’Ucraina per varie necessità rivolte all’anticorruzione.

Ora al regime di Kiev, non senza il patrocinio di Ursula von der Leyen, sono già stati stanziati miliardi di euro di “sovvenzioni” e prestiti. Altri sono stati promessi per il futuro. La corruzione a Kiev non è stata sconfitta con le diapositive, ma il sistema di consulenti sotto il nuovo capo della CE è pienamente fiorito. In una speciale relazione sull’argomento, pubblicata nel 2021 dalla Camera dei conti dell’UE, si osserva che la corruzione su larga scala rimane un problema chiave dell’Ucraina. In generale, una specie di Klondike. E lo sarà ancora quando il mondo intero inizierà a raccogliere miliardi “per la ricostruzione”. Questo non è il solo fatto per cui la signora Ursula von der Leyen fino a quel momento rimarrà al suo posto.

Fonte: https://aif.ru/politics/world/i_tut_k_rukam_prilipaet_kak_chinovniki_es_zarabatyvayut_na_vakcine_i_ukraine

Traduzione di Eliseo Bertolasi

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Cos’è Donetsk? – Vittorio Rangeloni

Donetsk è una città dove mezz’ora dopo un pesante bombardamento, a distanza di 150 metri tra loro, si possono incontrare gli operatori del comune che raccolgono le foglie dalle aiuole e le forze dell’ordine che effettuano i rilievi davanti al cratere provocato dall’esplosione di un colpo di artiglieria.

Nonostante questi bombardamenti si verificano ogni giorno, le strade della città sono pulite e le aiuole sono ordinate. Migliaia di EROI ogni giorno continuano a lavorare per mantenere viva la città, per trasmettere una parvenza di normalità alla sua gente.

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UN  DISCORSO  NON  AVVENUTO

Cari Amici,
Senza alcun mandato del Parlamento, né del popolo che attraverso di esso  esercita la sua sovranità nei modi previsti dalla Costituzione,  e verosimilmente  anche senza il mandato del Governo dimissionario rimasto in carica solo per “il disbrigo degli affari correnti”, il presidente Draghi, a cinque giorni dalle elezioni politiche generali nelle quali egli non si è candidato, mostrando di non essere interessato a una convalida elettorale delle sue funzioni di governo,  ha illustrato all’ONU posizioni politiche e decisioni destinate a impegnare l’Italia per un indefinito futuro.
Le tre ipoteche poste da Draghi sulla futura azione internazionale e sul ruolo dell’Italia sono le seguenti:
1. La prima consiste nell’intento di perpetuare l’imposizione anche da parte dell’Italia di “sanzioni senza precedenti alla Russia” che le hanno inflitto “costi durissimi”, hanno avuto “un effetto dirompente sulla sua economia”, ed il cui “impatto è destinato a crescere col tempo, anche perché alcune di esse entreranno in vigore solo nei prossimi mesi”. Tali sanzioni irrogate  a danno di una popolazione di 150 milioni di persone sono intese, secondo le dichiarazioni rese dal presidente Biden nel preannunciarle dopo l’attacco russo all’Ucraina, a portare la Russia a condizione di “paria”. In tal modo, a meno che non si parli a vanvera, esse presuppongono una società internazionale divisa in caste, fanno del popolo russo un popolo antropologicamente inferiore all’umano, si confermano come una forma di genocidio, e si configurano come un delitto castale. Infatti i “paria” sono gli “intoccabili” i “dalit, i fuori casta e scartati dalla comunità come impuri.
2. La seconda consiste nel definire i referendum per l’indipendenza nel Donbass come una “violazione del diritto internazionale che condanniamo con fermezza”, senza però dire quali norme del diritto internazionale sono invocate, quando lo Statuto dell’ONU, che ne è l’apice, professa la fede nell’eguaglianza delle nazioni grandi e piccole e pone come fondamento di relazioni amichevoli tra le nazioni il rispetto e il principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’autodecisione dei popoli. A tal fine esso interdice la minaccia e l’uso della forza contro l’integrità territoriale di qualsiasi Stato, e richiede per contro l’uso di mezzi pacifici per la risoluzione delle controversie tra loro. In sede di interpretazione si deve dire che i referendum citati rientrano in modo privilegiato tra i mezzi pacifici, ma nel caso specifico giungono non in alternativa all’uso della forza, ma in costanza e dopo di essa. Pertanto se ne possono o debbono discutere i tempi e disapprovarne l’indizione,  ma occorre anche vagliarli come una via di soluzione dell’attuale controversia diversa dal suo perseguimento mediante l’uso della forza. Ne dovranno essere in tal caso garantite la regolarità e la correttezza, anche con la cooperazione della comunità internazionale, ma non dovrebbero essere pregiudizialmente condannati ed esecrati. Paradossalmente il porre fine alla guerra mediante i referendum smentisce l’altra affermazione non dimostrata del presidente Draghi, il quale ha sostenuto che “il piano di Mosca era conquistare Kiev in poche settimane”, grazie a “un’invasione militare pianificata per mesi e su più fronti”, dipingendo in tal modo la Russia come Impero del male.
3. In terzo luogo il presidente Draghi ha enunciato l’obiettivo di “una pace che sia ritenuta accettabile dall’Ucraina” e non già una pace che rispetti gli interessi vitali dei due belligeranti e delle altre parti in conflitto. In tal modo egli ha assoggettato al volere dell’Ucraina e dei suoi attuali governanti, che non hanno esitato a gettarla in una inutile strage, le sorti della guerra e, in prospettiva, il destino stesso del mondo.
Per queste ragioni crediamo che il discorso del presidente Draghi all’ONU non debba impegnare il nostro Paese e debba essere considerato dal prossimo Parlamento come illegittimo e non avvenuto.
Nel sito Costituente Terra pubblichiamo l’elenco aggiornato al 22 settembre dei candidati alle elezioni di Domenica prossima che hanno sottoscritto l’impegno di promuovere nel prossimo Parlamento un Protocollo per il ripudio della guerra da allegare ai trattati internazionali esistenti.
Nel sito troverete anche un articolo di Bruna Bianchi in cui si dà conto delle progettazioni per fare delle ricerche sul clima non il modo per mettere riparo al dissesto ecologico, ma per creare nuove armi di sterminio a danno di intere popolazioni, se non dell’umanità stessa.
Con i più cordiali saluti,

www.costituenteterra.it

 

 

Washington Post ammette: “Per affrontare Putin, Biden dovrebbe studiare la crisi dei missili cubani” – Davide Malacaria

Il discorso di Putin sulla deterrenza nucleare, cioè che, in caso di attacco alla Russia, Mosca avrebbe usato le testate atomiche, tiene banco. Tale dichiarazione che ha un significato ancora più forte se si tiene conto che nelle aree del Donbass controllate dai russi si terrà un referendum sulla loro adesione alla Russia (la narrativa vuole che sia “orchestrato“, dimenticando che dal 2014 i filorussi che vi abitano, bollati come “terroristi“, sono alla mercé dei bombardamenti di Kiev).

Putin non sta bluffando

Al solito, per eludere la drammaticità del momento e continuare come nulla fosse a sostenere l’Ucraina fino alla vittoria sulla Russia, diversi politici e opinion makers dicono che Putin sta bluffando. E ciò nonostante il fatto che Putin abbia chiarito che il suo “non è un bluff”.

Invece appare ragionevole quanto annota Domenico Quirico sulla Stampa: “Il discorso di Putin dà il nome alle cose, disocculta il non detto: la Bomba non è più silenzio, una disgrazia di cui è meglio tacere, una insoluta possibilità che appartiene alle ipotesi possibili”.

Sul punto si era interpellato a suo tempo anche Stephen M. Walt, che a maggio, riferendosi al rischio di un’escalation nucleare nel conflitto ucraino, ha scritto questo per Foreign Policy: “Sono preoccupato anche perché Putin quando in passato ha lanciato degli avvisi, gli ha poi dato seguito. Nel 2008, la Russia ha chiarito che era assolutamente contraria all’adesione alla NATO dell’Ucraina o della Georgia e che avrebbe fatto tutto il possibile per impedire a entrambi gli Stati di aderire”.

“Poco dopo è scoppiata la guerra in Georgia e da allora il conflitto congelato ha tenuto fuori discussione l’adesione della Georgia alla NATO. Nel 2014, Mosca ha chiarito ancora una volta che considerava l’estromissione del presidente ucraino Viktor Yanukovich, uno sconvolgimento interno sostenuto dagli Stati Uniti, come una minaccia altrettanto seria. Ha risposto conquistando la Crimea e sostenendo una rivolta separatista nel Donbass”.

“E poi, nel 2021, le preoccupazioni per gli sforzi occidentali per armare l’Ucraina e la crescente cooperazione in materia di sicurezza tra Washington e Kiev hanno portato Putin a mettere un grande esercito al confine e a minacciare un’azione militare se le sue preoccupazioni non fossero state affrontate. Gli Stati Uniti e la NATO si sono rifiutati di riconsiderare l’impegno a far diventare l’Ucraina un membro dell’alleanza, e sappiamo tutti cosa è successo dopo. Invece di liquidare gli avvertimenti russi come un bluff, forse Washington dovrebbe prenderli sul serio”.

No, non affatto un bluff, come sostiene anche Quirico, che nel suo articolo spiega che, se finora si è elusa la grande domanda, ora è il momento di porla. “Che fare?”. E ha evocato la crisi dei missili cubani, quando Unione sovietica e Stati Uniti sono riusciti a trovare un compromesso.

Tale crisi fu evitata grazie a un accordo: i sovietici ritirarono i missili inviati a Cuba e gli Stati Uniti riposizionarono i loro, dispiegati in Turchia e in Puglia. Un accordo che Quirico non cita perché inutile nel contesto dell’articolo, ma è bene ricordarlo, ché la pace si fa tra nemici e, senza una chiara vittoria di una parte, solo grazie a un compromesso.

Ignatius e la crisi dei missili cubani

Se citiamo questo passaggio dell’articolo di Quirico è perché, per una felice coincidenza, David Ignatius, autorevole cronista americano, pubblica sul Washington Post un articolo dal titolo: “Per affrontare Putin, Biden dovrebbe studiare la crisi dei missili cubani”.

Anche Ignatius prende sul serio il discorso di Putin e ne trae le conseguenze. La prima è che l’Occidente “non può capitolare”, consegnando la vittoria alla Russia, ma deve anche comprendere la drammaticità del momento.

“I leader del mondo – continua Ignatius – ora devono pensare con la stessa combinazione di tenacia e creatività che il presidente John F. Kennedy ha dimostrato durante la crisi dei missili cubani […]. Ciò significa tracciare una linea ferma – Kennedy non ha mai vacillato sulla sua richiesta che i missili sovietici fossero rimossi da Cuba -, ma anche cercare modi per diminuire l’escalation”. Compito di Biden è quindi quello di tentare di “emulare la chiarezza e la finezza diplomatica di JFK. Un buon inizio, sempre, è capire il tuo avversario”.

Putin è convinto che l’Occidente voglia distruggere il suo Paese, prosegue Ignatius. Si potrebbe aggiungere che tale percezione non è così astratta, come invece egli sostiene, ma non è il caso di sottilizzare.

Importante, invece, è quanto scrive di seguito: “Un messaggio che Biden deve inviare, a Putin e al popolo russo, è che l’Occidente non cerca il predominio. Tracciare un percorso verso la reciproca stabilità nel dopoguerra [ucraino], se la Russia interrompesse la sua aggressione, sarebbe un inizio”.

Molto più significativo quanto aggiunge di seguito: “Il genio di Kennedy nella crisi dei missili cubani è stato quello di rispondere a un messaggio del leader sovietico Nikita Khrushchev che offriva un percorso per la de-escalation, piuttosto che ai suoi messaggi più bellicosi”.

“C’è una via di uscita simile con l’Ucraina? Ne dubito. Ma sono rimasto colpito dal fatto che Putin nel suo discorso di mercoledì abbia ripetuto la stessa affermazione che aveva fatto in una conferenza stampa tenuta la scorsa settimana in Uzbekistan: che cioè la Russia si era impegnata per una “soluzione pacifica” nei negoziati di fine marzo mediati dalla Turchia a Istanbul, ma che l’Ucraina e l’Occidente si erano tirati indietro (1). Ok, questa è la lettera a cui rispondere”.

“L’Ucraina, per ora, non mostra alcun interesse per il tipo di processo diplomatico che Biden ha affermato come necessario per porre fine alla guerra. Gli ucraini vogliono sfruttare il loro vantaggio raggiunto con i russi in ritirata, riconquistando quanto più territorio possibile prima dell’inverno. C’è una specie di comma 22 in questa situazione [il riferimento è a un romanzo su un circolo vizioso in ambito militare causato dalla follia ndr]: quando gli ucraini stavano perdendo terreno la scorsa estate, non volevano negoziare perché deboli. Ora che stanno avanzando, non vedono alcun motivo per scendere a compromessi da una posizione di forza. Kiev ha bisogno di un controllo della realtà sulle sue prospettive sul campo di battaglia a lungo termine“, che evidentemente egli vede non così propizie.

Più che interessante la conclusione della nota: “Kennedy è riuscito a risolvere la crisi dei missili cubani per due motivi. In primo luogo, ha dimostrato di essere pronto a rischiare una guerra nucleare per fermare una mossa sconsiderata di Mosca. In secondo luogo, attraverso un canale segreto, ha trovato una modalità salvavita per evitare la catastrofe finale. Biden dovrebbe studiare entrambe le lezioni”.

Giustamente Quirico conclude con un riferimento alla Prima Guerra mondiale, il conflitto che nessuno voleva, causato dal precipitare e dalla sottovalutazione degli eventi.

(1) Si continua a eludere la questione, pure non secondaria: è vero quanto afferma Putin? Se vero, come sembra, la storia di questa maledetta guerra va riscritta, anche considerando il fatto che allora le vittime erano relativamente poche, due -tre migliaia al massino, e non le decine di migliaia attuali. Si ricordi anche che, nella temperie, l’intelligence ucraina uccise uno dei suoi negoziatori, particolare da approfondire.

P.S. A proposito di bluff e scommesse può essere interessante la lezione che il Prof. Alessandro Barbero, professore di Storia Medievale e celeberrimo divulgatore, tenne nel 2014 sulle origini della I Guerra Mondiale. In quei mesi drammatici tutti gli attori principali persero la loro “scommessa” e la somma di tutti i bluff fecero divampa un conflitto che forse nessuno si aspettava. Buona visione!

da qui

 

 

LANCIO DELLA CAMPAGNA “OBIEZIONE ALLA GUERRA”: petizione a sostegno degli obiettori di coscienza e dei disertori di Russia, Bielorussia e Ucraina

 

In occasione della Giornata Internazionale della Pace, il 21 settembre, Connection e.V., International Fellowship of Reconciliation, Ufficio Europeo per l’Obiezione di Coscienza e War Resisters’ International lanciano una campagna di raccolta firme per i disertori e gli obiettori di coscienza di Russia, Bielorussia e Ucraina.

La campagna #ObjectWarCampaign invita tutti i cittadini di ogni parte del mondo a unirsi allo sforzo internazionale per garantire protezione e asilo agli obiettori di coscienza e ai disertori russi, bielorussi e ucraini coinvolti nell’attuale guerra nella regione. Sono la nostra speranza per rifiutare la guerra e far prevalere la pace!

 

Il 6 aprile 2022, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, aveva invitato i soldati russi a disertare e aveva promesso loro protezione ai sensi del diritto dei rifugiati. Finora questa promessa non è stata mantenuta.

 

Nell’ambito della campagna #ObjectWarCampaign, è stata preparata una petizione che tutti possono firmare. La petizione è indirizzata alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, al Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e alla Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. La petizione sottolinea la necessità di sostenere il diritto di asilo per gli obiettori di coscienza e i disertori russi, bielorussi e ucraini da parte degli Stati ospitanti. La petizione, lanciata sul sito WeMove.eu, può essere firmata in tedescoinglesefranceseitaliano e greco.

Si stima che siano 100.000 i militari russi arruolati e disertori che rifiutano la guerra di aggressione. Si stima che 22.000 militari bielorussi abbiano lasciato il loro Paese perché non vogliono partecipare alla guerra in Ucraina. Tutti coloro che hanno rifiutato l’arruolamento rischiano di essere perseguiti per diversi anni a causa della loro posizione contro la guerra. La loro speranza è quella di trovare protezione presso vari Paesi.

L’Ucraina ha sospeso il diritto all’obiezione di coscienza e ha chiuso le frontiere per gli uomini tra i 18 e i 60 anni. Oltre 100.000 uomini si sono sottratti al coinvolgimento nella guerra in Ucraina e sono fuggiti all’estero. Attualmente i cittadini ucraini possono avere una residenza temporanea nell’Unione Europea. La petizione #ObjectWarCampaign chiede che il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare sia pienamente garantito in Ucraina.

Le firme della petizione sono un segno fondamentale di sostegno agli obiettori di coscienza e ai disertori. Questa campagna sottolinea l’importanza di aprire le frontiere a coloro che si oppongono alla guerra con grande rischio personale nei propri Paesi e invita tutti in tutto il mondo a sostenere coloro che si rifiutano di combattere e uccidere.

 

Ogni recluta può essere un obiettore di coscienza, ogni soldato un disertore. Sosteniamo chi si rifiuta di uccidere e poniamo fine alla guerra insieme! 

 

#ObjectWarCampaign #CampagnaObiezioneGuerra 

#StandWithObjectors 

 

______________________________

 

Il lancio della petizione è stato anticipato da un appello inviato a giugno 2022 al Parlamento europeo e all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa – sostenuto da 60 organizzazioni di 20 Paesi – in cui si spiega perché la protezione e il sostegno ai disertori e agli obiettori di coscienza di tutti gli schieramenti della guerra ucraina siano necessari e che inoltre si tratta di un diritto umano. Se ne è già discusso al Parlamento europeo.

Ulteriori informazioni: 

L’appello alle istituzioni europee è disponibile qui.

Le informazioni di base sono disponibili qui.

da qui

 

La propaganda occidentale nasconde la verità sul conflitto ucraino – Giulio Chinappi

In uno scenario di guerra, bisogna sempre tenere conto che le notizie che vengono diffuse dalle due parti in causa fanno parte della propaganda. Tuttavia, troppo spesso si dimentica di analizzare criticamente le notizie che vengono diffuse dai media occidentali.

Gli scenari di guerra possono arrivare a rappresentare, nella peggiore delle ipotesi, una questione di vita o di morte per interi popoli e Paesi. Di fronte a tali minacce alla propria esistenza, le macchine della propaganda si attivano come arma di autodifesa. Se è vero che i media occidentali ci ricordano quotidianamente dell’esistenza della propaganda russa, questi sono a loro volta mezzi di propaganda utilizzati dai veri burattinai del conflitto ucraino, ovvero gli Stati Uniti e la NATO.

A titolo di esempio, nelle ultime ore, i più importanti media occidentali hanno diffuso una flagrante fake news che voleva i russi in fuga dal proprio Paese dopo l’annuncio della mobilitazione parziale da parte del presidente Vladimir Putin. Queste fonti ritenute attendibili hanno parlato addirittura di code di 35 chilometri al confine con la Finlandia, senza che nessuno si prendesse la briga di sottoporre la notizia a verifica. A gelare la propaganda filoucraina sono state le stesse autorità di Helsinki, che hanno affermato che le code presenti al confine, lunghe poche decine di metri, erano in linea con quelle registrate nelle settimane precedenti.

La propaganda dei mass media occidentali si è però macchiata di colpe ben più gravi, come quella di nascondere, anche di fronte all’evidenza, l’esistenza dei battaglioni neonazisti in Ucraina, continuando a negare i crimini commessi dal 2014 ad oggi dagli estremisti al servizio del governo di Kiev. “Le scomode verità che contraddicono l’immagine di un’Ucraina vittima di una cosiddetta aggressione vengono attivamente messe a tacere e in alcuni casi anche apertamente oscurate“, ha accusato il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. “Persino Amnesty International, un’organizzazione occidentale per i diritti umani che difficilmente può essere sospettata di essere dalla parte della Russia, è stata duramente criticata ed etichettata come un agente del Cremlino per il suo rapporto che ha confermato i fatti ampiamente noti sulle tattiche del governo di Kiev di creare postazioni di tiro e dispiegare armi pesanti nelle strutture civili“.

Lo scorso 4 agosto, infatti, Amnesty International, una delle più importanti organizzazioni per i diritti umani del mondo, ha pubblicato un rapporto sul conflitto, accusando apertamente il governo di Kiev di utilizzare tattiche di combattimento che mettono a rischio i civili, compreso il dispiegamento di armi e attrezzature militari nelle scuole e negli ospedali. Il rapporto conferma quanto i russi avevano denunciato sin dall’inizio del conflitto, mentre i media occidentali continuavano a negare questi fatti, al fine di accusare Mosca di bombardare indiscriminatamente edifici civili.

I media occidentali continuano anche a negare le ingenti perdite di civili causate dal governo ucraino sia prima che dopo l’intervento militare russo. L’esercito di Kiev continua infatti a bombardare – utilizzando le armi fornite dalle potenze occidentali, Italia compresa – le principali città sotto il controllo russo, senza distinzione tra obiettivi militari e civili. Aleksandr Lukaševič, rappresentante permanente russo presso l’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), ha denunciato che l’organizzazione in questione continua ad ignorare deliberatamente i morti civili causati dai bombardamenti ucraini: “Dobbiamo sottolineare pubblicamente il fatto che, a nostro avviso, ignorare le vittime civili causate dai bombardamenti ucraini non è più un fastidioso errore da parte della leadership dell’OSCE. Si tratta di un sistematico insabbiamento dei crimini, che incita solo il governo di Kiev a commettere nuove atrocità“.

Un altro fulgido esempio di fake news diffuse dai mass media occidentali è quello della centrale nucleare di Zaporož’e. Il più grande impianto nucleare del continente, costruito quasi interamente in epoca sovietica, si trova da tempo sotto il controllo russo, mentre l’esercito ucraino continua a bombardare l’area circostante l’impianto. A lungo, i media occidentali hanno presentato una situazione paradossale secondo la quale sarebbero stati i russi a bombardare sé stessi. Il ministro Lavrov ha ribadito, al cospetto del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che “gli attacchi criminali alla centrale nucleare di Zaporož’e da parte dei militanti del regime di Kiev continuano a rimanere impuniti, creando il rischio di un disastro nucleare“. Secondo le fonti russe, i bombardamenti ucraini nell’area della centrale sono proseguiti anche dopo l’arrivo della missione dell’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica), che presidia l’impianto dallo scorso 1 ° settembre.

Le ultime fake news diffuse dai media nostrani sono quelle riguardante il referendum che, proprio in queste ore, si sta svolgendo nelle regioni di DoneckLugansk, Zaporož’e e Cherson, che presto potrebbero entrare a far parte della Federazione Russa. I sedicenti difensori della democrazia si oppongono apertamente all’esercizio della democrazia diretta da parte delle popolazioni locali, esattamente come hanno fatto nel 2014, non riconoscendo la consultazione che ha portato la Crimea ad entrare nella Federazione Russa.

In un’intervista rilasciata lo scorso 21 settembre alla testa newyorkese Newsweek, ancora il ministro Lavrov ha espresso il punto di vista russo sul referendum: “Per quanto riguarda gli altri territori ucraini liberati dal giogo del regime neonazista di Kiev che, partiamo dal presupposto che i loro abitanti hanno il diritto di determinare autonomamente il proprio destino. Vediamo il desiderio del popolo di stare insieme alla Russia, e quindi tratteremo la loro scelta con rispetto. Le corrispondenti intenzioni sono state recentemente espresse dai leader delle Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk, e delle regioni di Zaporož’e e Cherson. Tutti loro hanno il diritto di avvalersi del diritto all’autodeterminazione in conformità con la Carta delle Nazioni Unite“.

Nel frattempo, gli Stati Uniti e le potenze della NATO continuano a sfornare provocazioni nei confronti della Russia, e continuano a rifornire di armi l’esercito di Kiev. La risposta del presidente Putin, che ha fatto appello alla mobilitazione parziale, rappresenta una reazione inevitabile di fronte alla constatazione fattuale che la Russia non sta combattendo solo contro l’esercito ucraino, bensì contro un arsenale proveniente da tutto il blocco occidentale. Ancora una volta, la politica imperialista ed egemonica degli Stati Uniti ci sta portando speditamente verso un grande conflitto mondiale tra grandi potenze, mentre i Paesi europei continuano a comportarsi da meri vassalli sulle spalle dei propri popoli, condannati a vivere un inverno di fame e freddo per far felice il proprio padrone nordamericano.

da qui

 

Bombe nucleari strategiche e tattiche, un tema di drammatica attualità 

di Angelo Baracca

La minaccia di una guerra nucleare, che pareva scomparsa dopo la fine della Guerra Fredda, sembra riaffacciarsi. Il tema è ovviamente molto complesso, ma vorrei fornire un’informazione molto schematica (e ovviamente incompleta) rivolta soprattutto alle/i giovani che domani manifesteranno in Italia e in tutto il mondo perché i governi intervengano in modo radicale contro i cambiamenti climatici e oggi anche contro la (le) guerre. Chi volesse approfondire può trovare numerosi articoli miei negli archivi di Pressenza.

La radice della minaccia nucleare

Una premessa necessaria. La guerra in Ucraina ha riportato l’incubo di una guerra nucleare, ma è assolutamente necessario dire che il rischio di uso – intenzionale o accidentale, per usare un eufemismo – delle armi nucleari si è progressivamente aggravato nei decenni recenti.

La paranoia (che ha dietro interessi colossali) di evitare l’«errore umano» ha esasperato la tendenza ad affidare il controllo delle armi nucleari alle macchine: ma le macchine non sono infallibili e possono venire “ingannate”. Il Bollettino degli Scienziati Atomici ha scritto: “Se l’intelligenza artificiale controllasse le armi nucleari, tutti noi potremmo essere morti!”.

Da una quindicina d’anni le potenze nucleari hanno in corso programmi “triliardari” di cosiddetta modernizzazione delle armi atomiche (testate, missili, sommergibili, bombardieri) che le rendono sempre più pericolose!

Bombe nucleari strategiche e tattiche

Con questa premessa da non dimenticare, vengo al tema. La distinzione tra bombe nucleari strategiche e tattiche sorse specialmente durante la “Crisi degli Euromissili” (1977-1987) quando vennero installati in Europa dall’Urss e “in risposta” dagli USA missili nucleari a media gittata (max. 500 km), i quali, si badi bene, potevano colpire l’Urss, ma ovviamente non gli Usa. La crisi si risolse con il trattato INF (Intermediate Nuclear Forces) del 1987, con il quale questi missili vennero eliminati. Va anche detto che questo trattato, un tassello fondamentale, è caduto tre anni fa quando Trump lo ha disdetto.

Qual è allora, sommariamente, la distinzione fra bombe nucleari strategiche e tattiche, anche se non si tratta di una distinzione netta e adottata da tutti gli Stati nucleari? In primo luogo la gittata: le armi strategiche sono portate da missili intercontinentali con gittata 10-12.000 km. C’è una “complicazione”, però: i sommergibili con missili nucleari si avvicinano a distanze enormemente minori dagli obiettivi “avversari” e costituiscono una delle minacce maggiori, anche perché in caso di “crisi” bellica potrebbero perdere i contatti con il rispettivo comando e l’eventuale decisione di lanciare i missili nucleari verrebbe presa dal comandante del sommergibile. Le armi tattiche con gittata inferiore a circa 500 km sono potenzialmente destinate al campo di battaglia (anche questa è una definizione generica, perché non è esclusa l’eventuale decisione, terrificante, di utilizzarle sulle città).

Una seconda distinzione riguarda la potenza delle bombe: quelle definite tattiche hanno potenze “limitate” a un massimo di 50 kt (migliaia di tonnellate di tritolo equivalente). Mi sembra opportuna un’osservazione: le bombe che distrussero Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza di 15-20 kt e i bombardieri le trasportarono per meno di 500 km da un’isola del Pacifico: insomma, oggi sarebbero da considerare bombe nucleari tattiche!

Ricorso alle armi nucleari

In quali casi gli Stati dotati di armi nucleari ne prevedono l’eventuale uso?

Nel gennaio scorso le cinque maggiori potenze nucleari confermarono che <<una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta>>, ma poche di loro hanno adottato un impegno ufficiale di no-fist-use: formalmente solo la Cina e l’India.

In generale le dottrine nucleari delle maggiori potenze (compresi USA e Russia) contengono una clausola che più o meno prevede il ricorso all’arma nucleare in caso di un attacco, anche con armi convenzionali, che metta a rischio l’esistenza stessa del Paese. Con l’evoluzione della guerra in Ucraina è stata sollevata l’eventualità di questa opzione. Devo dire a titolo personale che la ritengo remota, ma i recenti sviluppi aprono scenari imprevedib

La nuova premier britannica conservatrice, Liz Truss, ha ribadito con insistenza che non esiterebbe a usare le armi nucleari qualora se ne presentasse la necessità.

Potrebbe esserci una differenza fra l’uso di testate strategiche – che scatenerebbe una vera guerra nucleare, con la quale l’esistenza stessa della società umana sarebbe messa gravemente a rischio – e quello di testate tattiche in misura limitata e locale, ma ovviamente dobbiamo impegnarci perché questo non avvenga in nessun caso!

Questo è il punto in cui ci troviamo e l’impegno delle popolazioni deve moltiplicarsi.

Ma noi in Italia siamo “innocenti”?

Questo è un aspetto cruciale e so per esperienza personale che molti purtroppo non lo conoscono. L’Italia fa parte della NATO, che ha adottato, in ossequio agli USA, la “condivisione nucleare” (nuclear sharing), “grazie” (!) alla quale quattro Paesi europei ospitano bombe nucleari tattiche statunitensi sul proprio territorio. La cosa è rigorosamente segreta (come il segreto di Pulcinella!), il loro numero non viene rivelato, ma è certo che una quarantina sono schierate nella base militare italiana di Ghedi nei pressi di Brescia e nella base statunitense di Aviano. Le bombe statunitensi a Ghedi sarebbero operate in caso di uso dall’aeronautica italiana: questa è una cosa gravissima, che fa dell’Italia di fatto uno Stato nucleare!

Va detto che nel caso sciagurato di un conflitto nucleare queste basi militari potrebbero essere uno dei primi obiettivi dell’avversario, che potrebbe eliminare in un colpo solo una quarantina di bombe nucleari. Sembra superfluo dire che ci sarebbe una strage spaventosa per lo meno in gran parte dell’Italia settentrionale: vittime … “collaterali” della follia nucleare! Non mi sembra ozioso osservare che i cittadini statunitensi sanno esattamente (per il trattato Nuovo Start del 2010 fra USA e Russia) quante bombe nucleari hanno gli USA e dove sono schierate. In Italia invece noi cittadini e cittadine siamo tenuti all’oscuro: è ufficialmente un mistero dove e quante bombe nucleari statunitensi “ospitiamo”! Fra l’altro queste testate B-61 saranno fra poco sostituite con testate B-61-12 molto più precise.

È fondamentale che le/i giovani siano, in primo luogo, informate/i, per poter “pretendere” dai nostri governi il rifiuto di questa capitale minaccia.

da qui

 

 

NEL GIORNO DI STANISLAV PETROV, L’UOMO CHE NEL 1983 HA SALVATO IL MONDO DALL’OLOCAUSTO NUCLEARE

NEL MOMENTO IN CUI NATO E RUSSIA COMBATTONO SUL TERRITORIO UCRAINO RISCHIANDO L’ESCALATION DI UNA GUERRA ATOMICA

RICORDIAMOCI CHE:

NON SIAMO IN GUERRA

NON PAGHIAMO NESSUNA GUERRA!

INCONTRO DI DIALOGO E SENSIBILIZZAZIONE
LUNEDI 26 SETTEMBRE 2022
PIAZZALE DELLA STAZIONE DI PORTA GENOVA
ORE 17:00-19:00

Proponiamo anche di partecipare ad un nostro incontro on line, con inizio alle ore 20:00, sempre il 26 settembre.

Intendiamo riflettere sulle possibilità di costruire un’opposizione sociale che punti ovviamente a dei NO necessari ma pensando globalmente alla pace come nuovo modello di ecosviluppo, per una umanità di liberi ed eguali nella “terrestrità”; ed anche commentare insieme i primi risultati elettorali.

Questo il link per partecipare all’incontro su piattaforma Google Meet: 

meet.google.com/pqf-ffxs-oct

Segnaliamo infine l’appello online, promotori Zanotelli, Ovadia, Antonia Sani, Patrizia Sterpetti, Antonella Nappi, Federica Fratini, che: a) esige la revoca delle sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace; b) Indirizza invece verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto.

Questo il link: https://www.petizioni.com/nonsiamoinguerra-nosanzioni

 

DISARMO “ATOMICO” A PARTIRE DALLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI (L’ITALIA RATIFICHI IL TRATTATO ONU A CUI HANNO ADERITO 67 PAESI)
NO ALLE SANZIONI – NO ALLA GUERRA (CHE RISCHIA DI USARE ARMI NUCLEARI) – NO AL RIARMO
NO ALLA SPECULAZIONE E AI RINCARI SPROPOSITATI DI BOLLETTE, AFFITTI E MUTUI CHE SI INNESTA SULL’INFLAZIONE CAUSATA DALLA GUERRA
SI ALLA RICERCA DELLA PACE USANDO L’ENERGIA COME PONTE DI COOPERAZIONE NELLA LOTTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO
(TUTTI GLI STATI HANNO FIRMATO GLI ACCORDI DI PARIGI!)

Le elezioni daranno la vittoria sicuramente a uno schieramento atlantista, comunque denominato, perché sia la Meloni che Letta, ufficialmente di idee opposte, sono stati espliciti in campagna elettorale: tutti e due seguiranno l’Agenda Draghi, non ritoccata sul punto fondamentale.
Quale è questo punto? Ma è chiaro! La guerra voluta non certamente dai cittadini italiani, dalla base popolare, ma dalle élites nutrite dalla globalizzazione finanziarizzata, protette dal militarismo transnazionale.
A Milano i maggiordomi di queste élites, come Sala e la sua Giunta, ma anche quasi tutta l’opposizione in consiglio comunale, tengono ovviamente il sacco alla rapina: essa parte dal caro bollette, ma si estenderà al caro affitti e al caro mutui, lasciandoci alla fine in mutande.
Le sanzioni, in particolare, che sono una forma di GUERRA ECONOMICA (chi le contesta, secondo il premier ex BCE, sarebbe un “Pupazzo prezzolato da Putin”), stanno da subito portando ai cittadini europei carovita, restrizioni, disoccupazione.
COSI’ NON POSSIAMO ANDARE AVANTI, DOBBIAMO SVEGLIARCI ED ESIGERE CHE SI CAMBI STRADA.
IL GOVERNO, DA CHIUNQUE FORMATO, DEVE CAPIRE CHE NON VOGLIAMO LA GUERRA, NE’ MILITARE NE’ ECONOMICA, QUINDI NON SIAMO DISPOSTI A PAGARE SITUAZIONI IN CUI NON ABBIAMO DA ESSERE TRASCINATI CON IL PRETESTO CHE SIAMO (MA CHI CI CREDE?) CROCEROSSINI DI POPOLI OPPRESSI!
VOGLIAMO IL DISARMO NUCLEARE, CHE L’ITALIA ADERISCA AL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI ATOMICHE, CHE NON INSTALLI A GHEDI AD AVIANO NUOVE BOMBE USA TRASPORTABILI DAI COSTOSISSIMI CACCIABOMBARDIERI F35!

PER OTTENERE QUESTI (E ALTRI OBIETTIVI) CHE CI STANNO A CUORE
NON DELEGHIAMO SEMPRE AGLI ALTRI, MA ORGANIZZIAMOCI PER FARCI SENTIRE IN PRIMA PERSONA!

 

 

 

 

Giornata mondiale della Pace: flash mob dei “Costruttori di Pace” a Roma – Dario Lo Scalzo

In occasione della Giornata Internazionale della Pace a Roma i “Costruttori di Pace” si sono mobilitati con un flash mob tenutosi a Piazza della Repubblica.

L’iniziativa nasce da un’idea di Luigi de Giacomo recentemente scomparso e ha visto la partecipazione dell’Associazione dei Beni Comuni Stefano Rodotà, della Fondazione Rete Communia, del “Villaggio della Pace“, della Rete #Nobavaglio, di ECPAT, del Movimento Europeo – Italia e di altri cittadini e organizzazioni.

Oltre 1000 persone hanno già sottoscritto una “Lettera per la Pace” con la quale si rivendica il diritto e la volontà di costruire un presente di pace e di vita dignitosa in Italia e in Europa.

Una delegazione di Costruttori di Pace consegnerà oggi la lettera al Presidente della Repubblica Sergio Matterella.

Qui di seguito alcuni momenti del flash mob racchiusi in un breve video

da qui

 

Ghedi 17 settembre ‘22: una mobilitazione popolare contro la guerra!

  • Fuori l’Italia dalla NATO!
  • Fuori le armi nucleari dall’Italia
  • Contro la partecipazione dell’Italia a tutte le guerre in corso!
  • Usare i soldi per fare fronte alla crisi economica e ambientale e al carovita anziché per le spese militari!
  • Per sanità e istruzione pubbliche e di qualità, la lotta al carovita, per le bonifiche ambientali necessarie e gli investimenti per la lotta alla crisi climatica, per la creazione di posti di lavoro, per i lavori pubblici realmente necessari al paese e un reddito dignitoso per tutti/e!

La manifestazione è stata promossa da: Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito (ANVUI), Centro Sociale 28 Maggio – Rovato (BS), Donne e uomini contro la guerra – Brescia, Centro di documentazione “Abbasso la guerra”. Hanno aderito: Tavolo della pace Val Brembana circolo Don Gallo e Peppino Impastato, Compagne e compagni contro il Green Pass di Brescia, Partito di CARC, PCI di Brescia, PRC di Brescia, Unità Popolare Val Brembana, ADL Varese sindacato di base, GTA – Gratosoglio Autogestita, Coordinamento Milano Insorge, Miracolo a Milano, Unità Popolare Lombardia, Unione Popolare Brescia, La Città Futura – collettivo politico, Unione Popolare Lombardia, Forum contro la guerra, WILPF Italia, Un’altra storia – Varese, Potere al Popolo! Varese, Unione Popolare Varese, Parallelo Palestina (referente Gabriella Grasso), PMLI Lombardia, No Triv Lombardia, AWMR Italia – donne della regione mediterranea, Associazione Sanità di Frontiera – ODU – ETS, Punto Pace di Pax Christi – Tradate (VA), Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale – CDMPI, Comitato di Liberazione Nazionale – CLN, Luigi Piccirillo – consigliere regionale Lombardia (gruppo misto), Odissea – blog, NWRG odv – onlus, Ora in silenzio per la pace – Genova, Cerchio delle donne – Rovato (BS), Comitato Riconversione RWM, Coordinamento “prepariamo la pace”- Cagliari, Tavola della pace della Franciacorta, Angelo Baracca, attivista anti-nucleare, Moni Ovadia, padre Alex Zanotelli, Circolo PRC Franciacorta, Insieme a sinistra – movimento alternativo per Ghedi, Unione Sindacale di Base – Brescia, Patria Socialista Milano, FISI Lombardia, Nazione Umana – Varese, Comitato “Fermiamo la Guerra”- Firenze, ANPI Seveso.

Alla mobilitazione sono state invitate tutte le realtà che oggi si dichiarano contro la guerra e anche tutte le liste elettorali che oggi si candidano a portavoce del dissenso popolare: spiace che alcune abbiano perso un’occasione per attivarsi concretamente contro la guerra, la NATO e le politiche guerrafondaie del nostro paese e ringraziamo invece tutti gli organismi che si sono prodigati per la riuscita della manifestazione portando il proprio contributo ai cancelli dell’aeroporto militare di Ghedi. Contemporaneamente si sono tenute altre due manifestazioni, ad Iglesias ed Aviano (PN) segno importante della necessità di fare rete tra i vari territori.

Il presidio a Ghedi è stato caratterizzato da numerosi striscioni di denuncia del ruolo della NATO nelle guerre in corso, dello spreco di denaro pubblico a fronte del carovita, della sanità allo sfascio, della miseria crescente nel paese e di quanto sia grave che sul suolo italiano siano presenti testate atomiche e circa 130 basi o strutture militari NATO-USA, che rendono il nostro paese bersaglio di guerre sempre più vicine. E’ ora di dire basta alla corsa al riarmo, alle sanzioni, all’inquinamento bellico e al massacro di popoli in giro per il mondo a cui l’Italia contribuisce attivamente partecipando a 38 missioni militari.

Le On. Simona Suriano e Yana Ehm sono state inoltre protagoniste, insieme ad una delegazione di manifestanti, dell’ispezione parlamentare presso la base. Intento dell’ispezione era quello di verificare lo stato di sicurezza della base in relazione alla presenza di armamenti (esistenza o meno di armi pericolose come quelle all’uranio impoverito, protocolli di sicurezza) e al personale lavorante, comprendere l’entità della presenza USA all’interno dell’aerobase e lo stato della realizzazione degli hangar che ospiteranno i nuovi aerei F-35 in vista dell’arrivo delle nuove bombe atomiche “tattiche” B61-12.

Il Colonnello Giacomo Lacaita, a comando della base, interrogato dalle parlamentari e dagli attivisti presenti, ha glissato sulla maggior parte delle domande dietro il paravento della classificazione militare delle informazioni. Alla domanda sull’entità dei militari USA all’interno, il comandante ha dichiarato che la base è assolutamente italiana, che i militari USA, presenti in poche unità, sono solo manutentori e tecnici (non certo per i Tornado che sono velivoli europei – ndr) e che quindi non ci sarebbe alcun accordo bilaterale per l’amministrazione dell’aerobase di Ghedi, e di ciò che vi è contenuto, con gli Stati Uniti. La domanda quindi sorge spontanea: se gli USA avessero un ruolo marginale nel funzionamento della base di Ghedi, e la presenza di bombe atomiche (le testate B61 a caduta) è stata confermata persino dalla stampa nazionale e mai smentita da alcuna autorità, anzi ammessa in un documento del 2020 anche da CASD Centro Alti Studi Difesa e CEMISS Centro Militare di Studi Strategici, vuol dire che l’Italia sta violando apertamente il Trattato di non Proliferazione Nucleare (NPT) ratificato dall’Italia nel 1975? Le atomiche presenti a Ghedi, quindi, sono di proprietà italiana?

Le norme del NPT ruotano attorno a tre pilastri: disarmo, non-proliferazione e usi pacifici dell’energia nucleare. L’art. VI costituisce il cardine della norma sul disarmo, impegnando ogni Stato firmatario al perseguimento di negoziati su misure efficaci per la cessazione della corsa agli armamenti, per l’eliminazione degli arsenali nucleari e per il disarmo completo anche convenzionale. Alla non-proliferazione si riferiscono gli articoli I e II, con i quali i Membri dell’NPT si impegnano a non trasferire, ricevere o produrre armi e altri ordigni nucleari, né a offrire o chiedere assistenza per la loro produzione.

Vari governi in passato hanno ufficialmente ammesso la partecipazione del nostro Paese al cosiddetto «Nuclear Sharing» (condivisione nucleare) della NATO, ma hanno sempre dichiarato di rispettare il Trattato di Non Proliferazione (una conclusione già di per sé giuridicamente non accettabile), se però esistono armi nucleari sotto il totale controllo italiano, quel Trattato sarebbe, senza ombra di dubbio, stato violato.

Il comitato promotore della mobilitazione presso l’aerobase di Ghedi continuerà la sua opera di inchiesta, informazione, pressione e mobilitazione per richiedere il disarmo delle testate atomiche e una generale politica di disarmo, volta ad abbattere le spese militari a favore di una politica di risanamento delle vere emergenze del paese: lavoro, sanità pubblica e scuola pubblica, dissesto idrogeologico ecc. Intendiamo continuare con future iniziative, invitando tutti coloro che hanno aderito alla manifestazione e anche quanti non hanno potuto partecipare per concomitanti impegni, a stare all’erta e tenersi pronti per nuove azioni. Non solo: invitiamo quanti hanno aderito ad attivarsi in prima persona nelle prossime settimane e mesi a costruire iniziative e mobilitazioni contro la guerra, per dare continuità al presidio del 17 settembre e svilupparne i temi e i contenuti nei vari territori, partecipando attivamente alle azioni legali contro la presenza di armi nucleari in Italia.

NO ALLA GUERRA E FUORI L’ITALIA DALLA NATO!

NO AI CONCETTI STRATEGICI AGGRESSIVI CHE VIOLANO L’ARTICOLO 11 DELLA NOSTRA COSTITUZIONE

NO ALLA PARTECIPAZIONE ALLE MISSIONI MILITARI ALL’ESTERO, ALL’INVIO DI ARMI IN GIRO PER IL MONDO, ALLE SANZIONI DI GUERRA

NO ALLE ESERCITAZIONI DI GUERRA SU SUOLO ITALIANO, CIELO E MARE, ALLA PRESENZA DI ARMI NUCLEARI, PER UNA POLITICA GENERALE DI DISARMO E NON BELLIGERANTE!

Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito

Centro Sociale 28 Maggio – Brescia

Donne e uomini contro la guerra – Brescia

Centro di documentazione “Abbasso la guerra”

da qui

 

Nucleare, in Italia oltre 100 ordigni Usa Ecco dove sono stati dislocati – Marco Ludovico

L’Italia non è immune alla minaccia nucleare russa sbandierata ieri dal suo presidente, Vladimir Putin. È bene saperlo: il nostro Paese non produce né possiede o è dotato di armi di questo genere. Ma come è noto fa parte dell’Alleanza Atlantica e Nato. Nulla di strano, dunque, se ospita in almeno due modalità un’offensiva bellica di questo genere. D’intesa e d’accordo con gli Stati Uniti, storico alleato e oggi partner strategico della politica militare a sostegno dell’Ucraina e in contrasto con le volontà di Putin.

Ci sono due basi militari italiani dove sono collocati ordigni nucleari americani: Ghedi (Bs) e Aviano (Pd). Nella prima si realizza il «Nato nuclear sharing group – spiega Andrea Margelletti, presidente del Cesi (Centro studi internazionali) – dove il Paese ospitante mette a disposizione il vettore, nel nostro caso può essere adesso un Tornado, mentre gli americani forniscono l’ordigno». In pratica alcuni velivoli della nostra Aeronautica, oggi i Tornado e a breve gli F35, sono dotati di bombe di questo genere. Una prima stima parla di 60 ordigni. A IlSole24Ore risultano circa un centinaio.

 

Ad Aviano, ricorda il direttore di Rid (Rivista italiana DIfesa) Piero Batacchi, «ci sono Le B-61, vale a dire «bombe nucleari di fabbricazione americana per l’impiego tattico e strategico da caccia e bombardieri». In Europa sono schierate le varianti tattiche Mod.3 e Mod.4, con un potenziale regolabile fino ai 45-60 Kt. Aviano è sede militare dove gli americani si muovono in autonomia mentre a Ghedi ci sono regole militari condivise tra i Paesi Alleati. Le B-61, spiega sempre Batacchi, sono «bombe nucleari di fabbricazione americana per l’impiego tattico e strategico da caccia e bombardieri». In Europa sono schierate le varianti tattiche Mod.3 e Mod.4, con un potenziale regolabile fino ai 45-60 Kt.

Riepilogando: a Ghedi ci sono dispositivi nucleari americani pronti a essere aviotrasportati dalla nostra Aeronautica Militare. Ad Aviano ci sono invece aerei Usa attrezzati per il trasporto e il lancio di ordigni di questo genere. Con le minacce dichiarate da Putin è evidente come entrambe le basi siamo ora nello stato di massima allerta. «Dobbiamo fare tutti gli sforzi per sostenere l’Ucraina, non farlo significa portare alla resa dell’Ucraina. Dall’altro lato bisogna incoraggiare i possibili spazi per un confronto positivo per arrivare ai negoziato di pace». Parola del ministro della Difesa Lorenzo Guerini. La sfida Kiev-Mosca durerà ancora a lungo.

da qui

LE VIGNETTE SONO DI VAURO E DI BENIGNO MOI

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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