Vi ricordate quell’orribile 20 aprile 2012?

Una riflessione – in ritardo – su «Derubati di sovranità» di Gianluca Ferrara (*)

DerubatiDiSovranità

Ad aprire il libretto di Gianluca Ferrara è una favola africana ma ne esisono di simili in ogni parte del mondo). In sintesi: scoppia un incendio nella grande foresta, molti grandi animali fuggono ma un colibrì «vola in senso contrario con una goccia d’acqua nella bocca». Lo prendono in giro ma il piccolo colibrì risponde: «io faccio la mia parte».

Un’Italia con la palla al piede, come i carcerati, è la semplice ma assai efficace copertina di «Derubati di sovranità» ovvero «La guerra delle élite contro i cittadini» di Gianluca Ferrara esce da Il punto d’incontro (www.edizionilpuntodincontro) nel novembre 2014: 144 pagine per 6,90 euri. L’Italia e altri Paesi sono nel carcere di una Ue che ha tolto la sovranità ai popoli. Ma «la vera vittoria di questo Sistema» è averci «convinto che non ci sono alternative, che non è possibile configurare una nuova realtà al cui centro ci sia l’essere umano e non il mercato».

Nella prima parte Ferrara spiega come ci è stata rubata la sovranità. Un utile ripasso storico: dal 15 agosto 1971 (Nixon decreta la fine della convertibilità del dollaro in oro) – e passando per il 15 aprile 1944 (prende forma la Wto, organizzazione mondiale del commercio) o per il 15 settembre 2008 (il fallimento della banca Lehman Brother) – per arrivare al 20 aprile 2012 con la riforma della Costituzione italiana (articolo 81, comma 4) per introdurre l’obbligo di pareggio in Bilancio.

Provo a riassumere le idee chiare di Ferrara in qualche veloce citazione.

«Il 20 per cento della popolazione si accaparra e consuma il 90% di tutti i beni e i servizi; si stima che le 20 persone più ricche del pianeta abbiano risorse pari a quelle del miliardo di persone più povere». Dunque «il problema non è la mancanza di ricchezza ma il suo accentramento», impoverire i più per arricchire pochi.

Sulla cosiddetta crisi delle banche, partita dagli Usa nel 2008, Ferrara scrive: «in conclusione una truffa bancaria è stata rimborsata dai cittadini che poi hanno anche ricapitalizzato le banche» che (molte anche europee) «si erano trovate con titoli senza più valore». Un discorso corredato dai dati sul sistema Goldman Sachs, sulle mega-speculazioni (la Grecia in testa), sui titoli tossici, sul «pensiero unico» dettato dalla Troika, sul ruolo nefasto di – fra gli altri – Mario Draghi e Romano Prodi.

«Il debito detestabile non va pagato: perché pagarlo se va a oliare la perversa macchina della speculazione?». E come possono essere credibili i progetti Ue «se si sono spesi almeno 4600 miliardi di euro per salvare le banche e solo 6 miliardi per il biennio 2014-2015 per arginare la disoccupazione giovanile?». E ancora: «Se è il gioco degli interessi che rende il debito inestinguibile (ed è quindi una truffa) perché spolparci per dare altri capitali agli speculatori internazionali?».

«Come tutte le strutture di potere, anche quella vigente è piramidale Alla base c’è il popolo […] Al secondo gradino ci sono i mass media […] tessono, giorno dopo giorno, la mega ragnatela nella quale la maggioranza delle persone rimane imprigionata […] Al terzo gradino c’è la politica […] Sul quarto gradino ci sono le multinazionali […] Al vertice della piramide c’è la finanza internazionale».

Mentre non si trovano soldi (e soprattutto non c’è volontà) di affrontare le catastrofi ecologiche-economiche, «la produzione bellica cresce sempre». Spiega bene Ferrara: «la pace è solamente una parola, dato che questo Sistema necessariamente deve armarsi e conquistare territori per accaparrarsi risorse che servino a garantire, a pochi, uno stile di vita insostenibile». Ferrara spiega bene che «guerra umanitaria» o «missioni di pace» sono espressioni prive di senso.

Interessante anche il ragionare di Ferrara sulle pur «lodevoli iniziative caritatevoli e di assistenza» alle vittime della crisi: «il rischio è che svolgano solo il ruolo di tappabuchi». Torna utile qui la famosa frase di Helder Camara (“se dò da mangiare a un povero mi chiamano santo, se chiedo chi gli ha rubato il pane mi danno del comunista”) che però Ferrara cita in modo impreciso.

Forse il nome di Charles Kettering – “inventore” del registratore di cassa, poi all testa della General Motors – vi dice poco. Ma come ricorda Ferrara fu lui a dettare il primo comandamento: «La chiave della proprietà economica è la creazione dell’insoddisfazione».

Il libro è ricco di utili spiegazioni: come è cambiata la Banca d’Italia; l’Over Shoot day; i cosiddetti Ninja (No Income, No Jobs and assets); la «lettera segreta» della Bce ai governi italiano e spagnolo; il Fiscal Compact; la necessità di una decrescita “felice”; l’inganno delle agenzie di rating; il Pil e l’Isew cioè un «indice di benessere economico sostenibile»; la sovranità alimentare violata; il Land Grabbing, cioè il furto di terre ricche nei Paesi più poveri (o meglio ricattati, privi di sovranità); e così via.

L’auspicio è arrivare a collegare fra loro le pur importanti lotte di resistenza – in Italia per esempio contro la Tav e gli F 35 o per l’acqua pubblica – che oggi sono parziali e isolate in un grande puzzle. Nel frattempo «forse è auspicabile lasciare che questo sistema prosegua verso l’auto-disintegrazione per poi ricostruire un nuovo assetto sociale. Purtroppo la storia ci insegna che per dar vita a una nuova fase serve solo un trauma».

In una nota del libretto c’è una chicca, buona in questi giorni che Tony Blair torna a cianciare. La riporto pari-pari: «Una frase, che sarebbe stata pronunciata da Margaret Thatcher, la sacerdotessa del neoliberismo, spiega bene come sia reale e dominante il pensiero unico: anni dopo aver lasciato il suolo di primo ministro, a una domanda su quale ritenesse che fosse il suo successo più importante sembra che Thatcher abbia risposto: “Tony Blair”».

      (*) Questa sorta di recensione va a collocarsi nella rubrica «Chiedo venia», nel senso che mi è capitato, mi capita e probabilmente continuerà a capitarmi di non parlare tempestivamente in blog di alcuni bei libri pur letti e apprezzati. Perché accade? A volte nei giorni successivi alle letture sono stato travolto (da qualcosa, qualcuna/o, da misteriosi e-venti, dal destino cinico e baro, dalla stanchezza, dal super-lavoro, dai banali impicci del quotidiano +1, +2 e +3… o da chi si ricorda più); altre volte mi è accaduto di concordare con qualche collega una recensione che poi rimaneva sospesa per molti mesi fino a “morire di vecchiaia”. Ogni tanto rimedio in blog a questi buchi, appunto chiedendo venia. Però, visto che fra luglio e agosto ho deciso di recuperare un bel po’ di queste letture e di aggiungerne altre, mi sa che alla fine queste recensioni recuperate e fresche terranno un ritmo “agostano” quasi quotidiano, così da aggiornare in “un libro al giorno toglie db di torno” quel vecchio detto paramedico sulle mele. D’altronde quando ero piccino-picciò e ancora non sapevo usare bene le parole alla domanda «che farai da grande?» rispondevo «forse l’austriaco (intendevo dire “astronauta” ma spesso sbagliavo la parola) oppure «quello che gli mandano a casa i libri, lui li legge e dice se van bene, se son belli». Non sono riuscito a volare oltre i cieli, se non con la fantasia; però ogni tanto mi mandano i libri … e se no li compro o li vado a prendere in biblioteca, visto che alcuni costano troppo per le mie attuali tasche. «Allora fai il recensore?» mi domandano qualche volta. «Re e censore mi sembrano due parolacce» spiego: «quel che faccio è leggere, commentare, cercare connessioni, accennare alle trame (svelare troppo no-no-no, non si fa), tentare di vedere perché storia, personaggi e stile mi hanno catturato». Altra domanda: «e se un libro non ti piace, ne scrivi lo stesso?». Meditando-meditonto rispondo: «In linea di massima ne taccio, ci sono taaaaanti bei libri di cui parlare perché perder tempo a sparlare dei brutti?». (db)

 

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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