Ci vorrebbe un Asimov?

Un ricordo di Fabrizio Melodia e Daniele Barbieri (*). A seguire una “felpa” per dialogare con Giuliano Spagnul e Alberto Di Monte

A quasi 30 anni dalla morte – 6 aprile 1992 – di Isaac Asimov i suoi libri sono ancora ben venduti in Italia ma nel mondo della cultura lo scrittore/scienziato è quasi invisibile. La serie tv sul ciclo della «Fondazione» (dal 24 settembre è su Apple Tv; siamo al settimo episodio) avrebbe dovuto suscitare il consueto can can ma è stata un mezzo fiasco, pur avendo mantenuto qualche elemento dei romanzi originali. Un effetto simile hanno avuto i due brutti film più recenti tratti dalle sue opere: «L’ uomo bicentenario» nel 1999 e «Io, robot» del 2004.

Nel mondo (ristretto in Italia) di chi frequenta la fantascienza gli asimoviani restano maggioranza. La minoranza di perplessi continua a rimproverargli lo stile freddo, la ricerca della semplicità (che invece era un vanto per lui) e gli eccessi di razionalità in un mondo illogico.

Per i tanti fans e i pochi detrattori Isaac Asimov resta comunque «il buon dottore»: umanista, progressista e convinto sostenitore della scienza ma consapevole dei suoi limiti e molto preoccupato che una dittatura tecnocratica supplisse ai limiti della democrazia alleandosi alla cattiva politica e ai militari.

Asimov fu egocentrico (diresse una rivista con il suo nome) e presuntuoso. Prolifico, anzi «schiavo del lavoro». D’altronde per arrivare a 500 libri… si è stakanovisti o si sfrutta la fatica altrui (un sospetto molte volte avanzato verso di lui ma senza conferme). Oppure si prende per buona una sua battuta: «A forza di scrivere sui robot, forse anche io sono diventato instancabile». Qualcuno ironizzò sulle sue iniziali: Ia come Intelligenza artificiale.

Dopo i successi come narratore negli anni ’50 e ’60, nel decennio successivo Asimov si dedicò soprattutto alla divulgazione. Negli ultimi anni riprese a scrivere romanzi per collegare in una mega-opera il ciclo dell’Impero, quello della Fondazione e i suoi racconti robotici. Sbaglia chi non vede novità. La svolta ecologista di Asimov è evidente e va del tutto in crisi la sua fiducia nel futuro. Così a fianco delle famose «tre leggi della robotica» da lui ipotizzate in un futuro prossimo e delle interessanti, provocatorie «leggi della futurica» (VEDI BOX 1) si ripropose di scrivere anche le «leggi dell’umanica». La prima potrebbe suonare così: «Un essere umano non può recar danno a un altro essere umano nè può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danno». Bellissima ma come concretizzarla? E’ lo stesso errore “politico” di Asimov quando immaginò le tre leggi robotiche. In attesa – non per molto – di macchine che si evolvono pensiamo all’Ilva e alle tante fabbriche moderne: nel mondo del “capitalismo reale” a chi interessa la sicurezza e la vita degli esseri umani? La vita degli operai conta (e costa) quasi zero. La prima legge della “padronica” è chiarissima: mai rallentare la santa, divina produzione.

L’ ALTRA FACCIA DELLA SPIRALE

Per uno strano pudore (o perbenistico tabù?) si tacque che Asimov morì per Aids; solo dopo 10 anni la moglie Janet rivelò che era stato infettato durante una trasfusione. Pur malato «il buon dottore» ha lavorato fino all’ultimo continuando a impegnarsi contro l’aumento incontrollato della popolazione come contro il riarmo.

Fra le promesse che non ha mantenuto quella di creare un nuovo alfabeto a livello mondiale per muoversi agevolmente nella civiltà tecnologica. Siamo in fondo dalle parti della «psicostoria» – la politica su basi scientifiche – che Asimov immaginò creata dal matematico Hari Seldon. Nell’ascoltare Seldon è come se Asimov parlasse di sè: «Anche da giovane non riuscivo a condividere l’opinione che, se la conoscenza è pericolosa, la soluzione ideale risiede nell’ignoranza. Mi è sempre parso che la risposta autentica stia nella saggezza. Non è saggio rifiutarsi di affrontare il pericolo, anche se bisogna farlo con la dovuta cautela. Dopotutto, è questo il senso della sfida posta all’uomo fin da quando un gruppo di primati si evolse nella nostra specie. Qualsiasi innovazione tecnologica può essere pericolosa: il fuoco lo è stato fin dal principio, e il linguaggio ancor di più; si può dire che entrambi siano ancora pericolosi al giorno d’oggi, ma nessun essere umano potrebbe dirsi tale senza il fuoco e senza la parola».

UNA VITA CON MILIONI DI PAROLE

Nato a Petrovici in Russia, il 2 gennaio 1920, a tre anni emigrò con la famiglia (di origine ebraica) negli Stati Uniti, stabilendosi a New York.

Il suo incontro con la fantascienza avvenne per caso, leggendo di nascosto le riviste coloratissime che affollavano gli scaffali della bottega del padre.

Asimov esplorò tutte le sfumature della fantascienza, analizzando il cambiamento suscitato dall’impatto della tecnologia nell’ambito quotidiano dell’uomo. Mise in luce il rischio di schiavitù e dominio che la Tecnica opera in tutti gli ambiti della vita pratica, rilanciando una visione umanistica.

L’idea che le macchine potessero pensare ovviamente lo affascinava e impauriva. Da qui i suoi racconti sui robot.

Nel ciclo della «Fondazione» (iniziato con «Cronache della Galassia» nel 1951 e terminato con il prequel «Fondazione Anno Zero» che venne pubblicato postumo) Isaac Asimov auspicò che la politica seguisse la Ragione anziché la contingenza o la violenza. Immaginò l’Impero Galattico – ovvero l’impero Romano in una delle sue molte reincarnazioni – in decadenza perché preda delle sue intrinseche contraddizioni a cominciare dallo schiavismo. Prima che la catastrofe si compisse il matematico Hari Seldon creò «la psicostoria», scienza politica basata sulla logica statistica e sulla matematica per uscire dall’abisso. La psicostoria si basa sullo studio concreto degli elementi che concorrono a generare il percorso sociale e politico del futuro. Tale scienza permetterà all’umanità di sopravvivere alla decadenza, con una nuova colonia “ai confini estremi” dell’Impero, chiamata Fondazione, che dovrà tenere accesa la fiaccola nei secoli bui. Seldon spera che così si accorceranno i tempi del Medioevo e del caos dagli stimati diecimila anni ad “appena” mille anni. «Qualcuno disse che Hari Seldon lasciò questa vita proprio come l’aveva vissuta, perché morì con il futuro che aveva creato completamente schiuso di fronte a sé… ».

IN CONCLUSIONE… LEGGIAMOLO

Ci sono molti racconti di Asimov che sembrano scritti per l’oggi. Proviamo a riassumerne due.

In «Homo Sol» (del 1940) la Federazione Galattica ha sviluppato la psicologia a vera e propria scienza esatta. I Solariani – ovvero l’essere umano evoluto, chiamato “Homo Sol” – sono riusciti a sviluppare la propulsione iperspaziale e a immergersi nell’esplorazione del cosmo.

Arrivano su un pianeta presso Alpha Centauri per proporre l’annessione alla Federazione ma gli scienziati “della psicologia esatta” tornano con un netto rifiuto e la coda tra le gambe. I nativi non vogliono farsi annettere e sul pianeta si scatena il panico di massa: l’economia si paralizza, i governi non riescono a gestire la situazione, la quarantena messa in atto si rivela un fallimento. Però non c’è alcuna pandemia, tantomeno i Solariani sono arrivati con intenzioni bellicose. Com’è possibile – si chiedono «gli scienziati psicologi» – che esista un popolo così stolto e irrazionale, che contravviene alle fondamentali leggi della scienza psicologica? 

Niente spoiler – o quasi – ma bisogna pur dire che il finale farebbe impallidire gli psicologi junghiani, con queste leggi psicologiche che determinano l’illusoria libertà degli individui. Riletto oggi, «Homo Sol» rapisce e inquieta per la sapiente e feroce ironia, mostrando spesso quanto Ragione e Irrazionalità possano essere facce di una stessa medaglia. Gli eroi di Asimov ben lungi dall’essere invincibili quasi sempre, trovano con l’uso del buon senso, una via d’uscita. Ma l’irrazionalità di massa è un nemico ben peggiore di alieni armatissimi. Vi ricorda qualcosa?

Il racconto fu scritto durante il secondo massacro mondiale (quelli che altri definiscono elegantemente “conflitto”) eppure non è invecchiato di una riga. Con una vera pandemia sul pianeta Terra – ipotizziamo nel lontanissino 2921, d’accordo? – gli umani troverebbero la necessaria cooperazione e fratellanza?

Ancora più choccante «Diradamento selettivo» (del 1976).

La scoperta del dottor Rodman è «il più grande dono alla salute umana da quando Pasteur aveva elaborato la teoria dei germi». Ma, gli dicono, se finisse «nelle mani sbagliate»… Si tratta infatti di un potentissimo «veleno selettivo».

Così Rodman viene messo in isolamento. Per sicurezza.

Siamo nel futuro (vicino) e la Terra è sovrappopolata. O meglio sovraffamata: «un miliardo di esseri umani erano morti di fame, nella penultima generazione, e altri sarebbero morti».

Affert è il presidente della «Organizzazione mondiale per l’alimentazione» (suona un po’ come la Fao) e va spesso a chiacchierare con Rodman. Fra una partita a scacchi e l’altra parlano delle riserve dei viveri, di egoismo e di «triage». Per chi non lo sapesse il triage è un sistema selettivo al quale si ricorre «nelle circostanze in cui non potendo salvare tutti bisogna scegliere chi lasciare in vita e chi far morire».

Passando dalla teoria alla pratica, Affert propone a Rodman di collaborare alla soluzione del problema cibo: «se mandassimo viveri a quelli in sovrannumero e questi contenessero qualcosa di letale, poi non sarebbe più necessario inviare altri rifornimenti in quella regione». Ci sarebbe più cibo per gli altri… Rodman è sbigottito ma Affert obietta: «Non soffrirebbero».

Quando Rodman prova a farlo ragionare sulla uccisione di miliardi di persone, Affert precisa: «Non parlo di uccidere ma di fornire a quella gente l’occasione di morire».

Rodman si rifiuta di collaborare a un triage su scala mondiale ma il “tecnico” Affert inizia a minacciarlo.

«Quasi tutti i giorni andava a trovarlo qualche funzionario. Tutti insistevano sulla necessità di sopprimere gli affamati … mentre loro erano ben pasciuti».

Le minacce sono raffinate. Niente torture. Semplicemente, dicono a Rodman, verranno tolte le tessere per il cibo «a vostra figlia e a suo marito e anche ai loro bambini».

Rodman sembra cedere. Chiede un incontro al massimo livello: arrivano i 15 membri del potentissimo “Fondo per l’alimentazione” più alcuni deputati. Si discute per ore: tutti contro Rodman.

Arriva un carrello con un rinfresco. Rodman spiega: sapevo che sarebbe andata per le lunghe, ho fatto preparare uno spuntino.

Tutti mangiano e bevono. Rodman sembra riflettere… termina per ultimo il suo panino.

Poi dice … “Vi faccio le mie scuse se il pane non era fresco, ho preparato io i tramezzini… Era l’unico modo per metterci il mio veleno”.

Tutti urlano: «Assassino, pazzo… moriremo».

Calmissimo Rodman replica: «Non so quanti di voi moriranno, secondo i miei studi il 70 per cento di voi… proprio come desideravate fare con il resto degli esseri umani».

Qualcuno grida: «Ma anche tu hai mangiato, è un bluff».

E Rodman risponde: «Morirò prima di tutti, per me avevo preparato un veleno mirato e più potente. Chi di voi sopravviverà dovrà fare i conti senza di me».

PRIMO BOX

LE TRE LEGGI DELLA ROBOTICA E DELLA FUTURICA

«Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno».

«Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge».

«Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge».

Scritte negli anni ’40 da Isaac Asimov – e diventate subito famose – queste 3 leggi riguardano i robot «positronici», dotati cioè di un cervello complesso.

Però nel romanzo «I robot e l’impero» del 1985 compare la “Legge Zero” e viene enunciata da R. Daneel Olivaw (R. sta per Robot). Recità così: «Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l’umanità riceva danno.

Le altre 3 leggi vengono modificate di conseguenza:

  1. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. Purché questo non contrasti con la Legge Zero
  2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Legge Zero e alla Prima Legge.
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Legge Zero, la Prima Legge e la Seconda Legge».

Naturalmente bisogna definire cos’è l’Umanità della “legge zero”… E Asimov su questo scrisse pagine appassionanti. Chiedendosi anche se gli esseri umani siano “isolati” dal mondo in cui vivono o se piuttosto bisogna ragionare sulle leggi di Gaia, il pianeta vivente, forse dotato di una sua “intelligenza”.

C’è poi un breve – e dimenticato – saggio di Asimov: ironico ma a ben guardare assai serio. Si intitola «Le tre leggi della futurica» (tanto per rimare con robotica): una presunta scienza per costruire scenari realistici sul domani prossimo.

Scrive Asimov: «La Prima Legge può essere così espressa: “Quel che succede continuerà a succedere”. Oppure, per dirla in altro modo: “Quello che è accaduto nel passato continuerà a succedere nel futuro”…». E poi naturalmente “il buon dottore” spiega, ragiona, divaga, contestualizza come sapeva fare lui.

La Seconda Legge della Futurica è una stupenda provocazione: «Rifletti sull’ovvio, perché pochi lo vedono»: seguono un paio di pagine dense di spunti.

«La Terza Legge della Futurica può essere così riassunta: “Rifletti sulle conseguenze”. La predizione di un determinato aggeggio è abbastanza facile ma cosa può succedere alla società quando se ne diffonde l’uso?». Pensandoci bene questa è l’idea-base della migliore fantascienza.

Prima di morire Asimov accennò, un paio di volte, di voler riflettere su «le leggi dell’umanica»… Ma purtroppo ci lasciò solo l’idea. O forse la sfida.

SECONDO BOX

SPULCIANDO ASIMOV

«Chi decide il modo migliore in cui utilizzare la scienza? In un sistema democratico dovrebbe trattarsi della gente in generale. Ma come può la gente giungere a una decisione intelligente se coloro che sanno qualcosa di scienza sono pochissimi? Sarà sempre più importante, con il passare degli anni, che la gente capisca la scienza se ci aspettiamo che essa contribuisca a effettuare decisioni intelligenti su come usare la scienza per salvare il mondo. Per questo è importate studiare le materie scientifiche, anche se son si ha intenzione di diventare uno scienziato di professione» (in «L’uovo del dinosauro: riflessioni e divagazioni sulla scienza e dintorni»; Pan libri, 1990)

«Nel 1920 H. G. Wells disse: “La storia umana diventa sempre più una gara tra l’istruzione e la catastrofe” e negli anni trascorsi da allora sembra che l’istruzione stia perdendo la gara. Ironicamente, a mano a mano che la nostra crescente capacità scientifica e tecnologica fa dell’ignoranza l’agente sempre più probabile della catastrofe, è l’struzione scientifica che rimane sempre più indietro» (idem)

«Letta correttamente, la Bibbia è per l’ateismo la forza più potente mai concepita».

«Se la conoscenza può creare dei problemi, non è tramite l’ignoranza che possiamo risolverli».

«La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci» (é in «Cronache della galassia», 1951; forse la frase non è di Asimov ma certamente fu lui a renderla famosa).

(*) Quando scrivono insieme su fantascienza e dintorni Fabrizio Melodia e Daniele Barbieri si firmano Effemme Dibbì, Ma questo articolo è uscito sulla newsletter settimanale – nel numero 29 di «Micromega» (e lì non usano queste firme strane).

UNA “FELPA” PER DIALOGARE

Combinazione ha voluto che proprio oggi (stamattina nel “Marte-dì” bottegardo) il post Continuare a distruggere la fantascienza di Giuliano Spagnul e Alberto Di Monte si concludesse così: «La fantascienza come modalità di lettura è certamente un buon grimaldello per attraversare comunità, scienze e mondi lontanissimi». Da anni quando giro a raccontare storie di futuri possibili indosso la felpa – regalatami taaaaaanti anni fa da Riccardo Mancini, l’altra metà di erremme dibbì – di cui sopra trovate la foto (spero che la scritta si legga: è davvero vecchia e consunta). Così non ho resistito all’idea che la felpa fosse l’inizio – macchè, la continuazione – di un dibattito sulle mille morti e le 999 rinascite della fantascienza, dei sogni, delle utopie (ambigue ovviamente). Per ora mi fermo qui e aspetto voi. Chiudo con un’ informazione, quasi uno spot: sto portando in scena – Covid permettendo – «Io robot, io Asimov, Ia: una lettura» – per saperne di più cfr «Io robot, io Asimov, Ia»: il 22 ottobre… – e anche qui (intendo sul vecchio dottor Isacco) mi trovo sia in accordo che in disaccordo con quanto hanno scritto Alberto e Giuliano. Sarà d’uopo – come dicevano quelli là – organizzare un incontro o addirittura un duello: dietro il vecchio convento? In una libreria? In un centro sociale? A presto. [db]

 

 

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

3 commenti

  • Giuliano Spagnul

    Trattasi di felpa dickiana con cappuccio per schermare eventuali controlli telepatici governativi? E chi mi garantisce che invece non la usiate per mascherare la vostra mostruosità, cioè l’essere diversi da me? Stabiliremo le regole per l’incontro/scontro! Comunque se di Asimov tocca parlare ebbene farò ammenda per il tono un po’ troppo severo che abbiamo avuto a suo tempo nei Labirinti della fantascienza (UAU: Feltrinelli 1979, Mimesis, 2012) e anche se le schede su Asimov non sono state opera mia ne devo assumere la responsabilità. Nella preparazione della ristampa ho scritto ad Antonio Caronia che “forse Asimov andava trattato in modo (volutamente) meno superficiale” ma ovviamente non abbiamo modificato nulla, perché quel testo aveva un valore come documento di un’epoca ribelle, giovane e inevitabilmente anche superficiale. E oggi “ci vorrebbe un Asimov?” Spiacente ma credo proprio che il suo tempo sia decisamente finito. La sua importanza è cruciale per comprendere cosa è stata la fantascienza del secolo breve: rito di passaggio e/o dispositivo di transizione che sia. Ma la sua importanza è rivolta a comprendere ciò che è stato , cioè quell’illusoria creazione di un futuro “completamente schiuso di fronte a sé…”, e il suo ruolo di psicostorico mi piace paragonarlo all’ich als Psychohistoriker di Aby Warburg con il suo tentativo “di diagnosticare la schizofrenia dell’Occidente attraverso il riflesso autobiografico delle sue immagini”. (citato in Gombrich, Aby Warburg. Una biografia intellettuale). Dove però le immagini del “buon dottore” sono quelle chimere e assemblaggi di aspirazioni e paure con le quali la fantascienza ha saputo coltivare il nostro immaginario per meglio adattarci alla nuova era che stiamo vivendo. Per finire (in realtà per cominciare…) “se la conoscenza può creare problemi” siamo sicuri di dover concordare con Asimov che “non è tramite l’ignoranza che possiamo risolverli”? “L’ignoto (…) l’imprevisto, l’indimostrato: la vita si basa su questo. L’ignoranza è il terreno del pensiero. L’indimostrato è il terreno dell’azione. (…) L’unica cosa che rende la vita possibile è un’incertezza permanente e intollerabile: non sapere cosa sta per accadere.” (U. Le Guin, La mano sinistra del buio). E così con l’entrata delle donne nel solipsistico gioco per maschietti la prima legge fondamentale “quel che succede continuerà a succedere” sbiadisce, come del resto, qualsiasi possibilità che un nuovo Asimov possa rinascere nei tempi d’oggi.

  • Colgo l’occasione per invitare a riflettere su questo paradosso: che la FS, nata e cresciuta fuori dalle aule e nell’inconsapevolezza e noncuranza delle regole della lettaratura, ha prodotto molto più letteratura di qualunque accademica. Che uomini negati (per lo più) alla conoscenza approfondita dei fenomeni sociali, hanno individuato i punti dolenti e significativi della vita organizzata, anticipando un sentire (anche ecologico) che iniziarà a diventare fenomeno di massa dopo il ’68. Che Asimov, iperbolico semplificatore, incline al superficiale, ha saputo suscitare pensieri e dibattiti su temi cruciali, tipo il rapporto uomo- macchina e il pericolo insito nelle inclinazioni autoritarie dei tecnocrati, che certo gli hanno assicurato fama, ma offrono a noi, ancora oggi, materia su cui argomentare; e, soprattutto, su cui nriflettere.
    Per altro un Asimov basta e avanza. Non avremmo tempo nel caso di un suo nuovo avvento (tempo e energia) che per seguire le sue allegre acrobazie mentali.

  • Fabrizio Melodia

    Colgo l’ occasione per portare alla vostra conoscenza alcune chicche trovate su you tube. Sono alcune interviste rilasciate da Asimov e che trovo molto succose.

    https://youtu.be/OvMZxNmWoko

    https://youtu.be/VSxMZBp-2Zs

    https://youtu.be/365kJOsFd3w

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