«La tragedia mineraria di Schisòrgiu»

db recensisce il libro di Mauro Pistis su «il più grave incidente sul lavoro mai accaduto in Sardegna: 19 ottobre 1937». A seguire una nota della “bottega”.

«Dieci minuti prima della fine del primo turno lavorativo, ufficialmente registrato alle ore 22,50 circa» una forte esplosione uccide 14 minatori che muoiono «anche se in giorni diversi, dopo indicibili sofferenze» mentre altri 8 – fra questi un ragazzino di 14 anni – vengono feriti. Siamo nella miniera carbonifera di Schisòrgiu, il 19 ottobre 1937. La tragedia «rimane imperdonabilmente nascosta… per lungo tempo, fino ai nostri giorni» scrive l’autore, Mauro Pistis.

Schisòrgiu – o «Scruscògu» – indica «un luogo con un tesoro ben nascosto» e da sempre in Sardegna ci sono diversi luoghi così chiamati ma la miniera di Sirai è «all’ ingresso di Carbonia», città che doveva essere strategica per il fascismo. E infatti il quotidiano «Il popolo d’Italia» il 19 dicembre 1938 (anno XVIII dell’era Fascista») titolò in grande «Mussolini al rito battesimale di Carbonia» e più in piccolo «che attesterà nei secoli l’indomabile volontà e la capacità realizzatrice dell’Italia fascista»; l’occhiello sopra il titolo chiarisce: «Tappe vittoriose della marcia per l’autarchia».

Sardegna, terra di miniere. Il libro di Pistis ricorda che nel «Bacino carbonifero del Sulcis» sono almeno (forse il tragico conto è incompleto) 413 i minatori morti fra il 1879 e il 1992. Nel quinto capitolo c’è una impressionante cronologia: si crepa ogni anno, dunque non dipende solo dal fascismo anche se i suoi “ritmi” (e poi la guerra) impongono un’ulteriore violenza contro chi lavora. Così nel 1946, in democrazia, ci sono 18 morti, l’anno dopo 28, nel 1950 ancora 15 morti e poi una “media” di 5-6, fino ai 3 del 1972 e all’ultimo, il 13 gennaio 1992.

Una delle tante fotografie mostra la «statua del Minatore-Soldato» che fu abbattuta (a proposito di quel calderone che i giornalisti chiamano “cancel culture”) nell’autunno del 1947. Era il «sacrificio» cantato da paroni e fascisti, come tesimonia la frase di Benito Mussolini che venne posta «all’ingresso della grande miniera di Serbariu» ovvero: «Coloro che io preferisco sono quelli che lavorano, duro, ecco, sodo, in obbedienza e possibilmente in silenzio».

All’interno della tragedia sarda di Schisòrgiu, Pistis è bravo a intrecciare altre storie: l’inatteso sciopero antifascista a Carbonia del 2 maggio 1942 e l’ancor più grande strage – 185 morti accertati, «una decina provenienti dal Sulcis» – del 28 febbraio 1940 «nella miniera di Arsia nel Bacino petrolifero carbonifero dell’Arsia», allora «territorio italiano della Provincia di Pola»il più grande disastro minerario d’Italia e «uno degli incidenti più gravi d’Europa per numero delle vittime».

Il libro è a volte disordinato nella scrittura quanto importantissimo e dettagliato per ciò che svela, per la serietà della ricerca. Non è questione solo sarda o legata al passato: nelle miniere si continua a morire.

Mauro Pistis

«La tragedia nella miniera carbonifera di Schisòrgiu»

Giampaolo Cirronis Editore

pubblicato ottobre 2022

(*) questa recensione è uscita, a firma Daniele Barbieri, nelle pagine libri dell’edizione italiana di «Le Monde Diplomatique» che esce ogni mese con il quotidiano «il manifesto».

Una ricerca purtroppo ignorata dai “recensori”, con pochissime eccezioni come https://www.micromega.net/la-tragedia-nella-miniera-carbonifera-di-schisorgiu/ (intervista di Roberto Rosano a Pistis) il 30 gennaio 2023.

NOTA DELLA “BOTTEGA”

Di tragedie del lavoro (Monongah, Ribolla o Marcinelle, per dirne tre fra le tante) e di esseri umani rinchiusi sottoterra per lavorare abbiamo scritto più volte. Se vi interessa cercate con i TAG e molto troverete. Magari potete partire da qui: I mostri del sottosuolo: fra lavoro e immaginario.

Ovviamente non si tratta solo di storie del passato: l’estrattivismo devastante e il morire sottoterra restano lutti quotidiani, figli legittimi del capitalismo. Cfr a esempio qui: Banche, miniere e diritti umani: tanti impegni, pochi fatti, Fermiamo il lavoro minorile nelle miniere di cobalto del Congo e Carbone in Sudafrica: l’Europa finanzia miniere ed esportazione.

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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