BRICS e «Space Opera»
Futuro Multipolare e fantascienza “politica”. Le riflessioni di Fabrizio Melodia, noto «Astrofilosofo» qui anche nelle vesti di saggista. Se il tema vi avvince date anche un’occhiata ai link finali.
La fantascienza, e in particolare il sottogenere della space opera “politica”, ha sempre fatto i coti con le strutture geopolitiche del mondo reale, scrutando le tendenze del domani prossimo. Lo choc del futuro. Da «Dune» di Frank Herbert, con il suo intrigo politico interstellare ispirato al colonialismo e alla guerra per le risorse, fino a «The Expanse», che rappresenta il conflitto tra corporazioni, governi terrestri e coloni spaziali. Lenti attraverso cui scrutare il presente e i possibili futuri.
Inevitabilmente il passaggio fra XX e XXI secolo costringeva le narrazioni dominanti nella fantascienza spaziale a tener conto dell’ordine bipolare o unipolare, in corso. Durante la Guerra che fu detta Fredda, le opere di science fiction riflettevano il conflitto USA-URSS ma con diverse prospettive. Da un lato la mia amata serie tv «Star Trek – Destinazione cosmo» (piena di ideali di pace e progresso) dall’altro la saga di «Star Wars»: samurai Jedi armati di spada laser contro l’ Impero Oscurantista e rappresentato dai valori nazifascisti (cari a Donald Trump ma anche a qualche altro presidente statunitense prima di lui).
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la space opera si è concentrata su scenari in cui gli Stati Uniti o le potenze occidentali dominano il futuro. Emblematici i film «Interstellar» e «The Martian», dove a farla da padrone sempre e comunque sono astronauti americani.
Ma il mondo sta cambiando. I BRICS (un acronimo per Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) stanno sfidando l’ordine internazionale a guida occidentale, proponendo una governance multipolare.
L’evoluzione dei BRICS
Il processo che iniziò nel 2009 con quei 5 Paesi detti BRICS potrebbe davvero impensierire Trump che, nella sua visione totalitaria, giè vede nemici ovunque. Soprattutto se i BRICS combatteranno “re dollaro”.
Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica sono economie emergenti, a livello mondiale. All’inizio degli anni Duemila si coordinano, anche per iniziativa di Jim O’Neill (allora responsabile della “ricerca economica globale” per l’istituto statunitense Goldman Sachs). L’influenza del gruppo è poi diminuita ma oggi i 5 soci “fondatori” sperano di allargare e rafforzare questa alleanza per farla diventare un contrappeso dell’Occidente. Da gennaio 2024 ne fanno parte anche Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran, Egitto, Arabia Saudita. Con questi nuovi membri, i BRICS controllano una quota maggiore di risorse energetiche globali. Ma l’efficacia del gruppo dipenderà dalla capacità di coordinarsi su questioni chiave, come il sistema finanziario internazionale e l’uso di valute alternative al dollaro.
Un progetto che piace a diverse economie, specie in Sudamerica. È il caso del Brasile di Luiz Inácio Lula da Silva, esponente di spicco del forum, che a inizio 2023 – e pochi mesi dopo esser stato rieletto presidente – andò in Cina per formalizzare un accordo che consente ai due Paesi di commerciare nelle rispettive valute. Iconico fu il commento di Lula: «Ogni notte mi chiedo perché tutti i Paesi debbano basare il proprio commercio sul dollaro».
Sebbene la de-dollarizzazione ad oggi resti un processo in fieri, non va escluso che i continui stravolgimenti geopolitici e geostrategici degli ultimi anni possano accelerarlo.
BRICS si propone quindi di sviluppare e far crescere istituti alternativi per la finanza e il commercio internazionali. Il risultato più importante è sicuramente la Nuova Banca di Sviluppo (NDB) con sede a Shangai, e che a sua volta poggia sul fondo strategico di capitali di riserva chiamato Contingent Reserve Arrangement (CRA). NDB e CRA furono entrambi pensati come istituti alternativi alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale. Tuttavia, per ora, i fondi allocati dalla NDB restano notevolmente inferiori rispetto a quelli della BM.
Da notare come il forum includa raccoglie Paesi per lo più estranei alla tradizione democratica (definizione per altro di una certa vaghezza). A eccezione di Brasile e Sudafrica, i dieci BRICS sono regimi autoritari in cui il pluralismo è del tutto assente o soggetto ai voleri del governo: sistemi a partito unico come la Cina, monarchie assolute come gli EAU, teocrazie come l’Iran, Paesi formalmente in guerra come la Russia.
Dal primo gennaio 2025, altri 9 Paesi – Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Thailandia, Uganda e Uzbekistan – sono diventati partner dei Brics. È il passo che precede la piena membership. Altri 4 Paesi (Algeria, Nigeria, Vietnam e Turchia) sono stati invitati a fare lo stesso.
Lo status di partner prevede la partecipazione agli accordi economici e di cooperazione su specifici progetti d’interesse comune e la possibilità di essere invitati ai summit, senza, però, diritto di voto.
Dal primo gennaio 2025 la presidenza di turno è nelle mani del Brasile, che si è dato la priorità di lavorare per la creazione di nuovi sistemi di pagamento e di regolamenti internazionali. È da qualche tempo che i Brics vogliono approntare un sistema alternativo a quello dello Swift per poter continuare a operare nel caso di eventuali sanzioni imposte dagli Usa e da altri Paesi occidentali. Non si tratta di abbandonare completamente o di sfidare il sistema del dollaro ma di garantirsi la possibilità di fare commerci e transazioni finanziarie internazionali, qualora si venisse esclusi dal sistema dominante.
La presidenza brasiliana spingerà, inoltre, per un ruolo maggiore e più incisivo del Sud del mondo nella governance globale. Si è data cinque priorità:
promuovere il commercio attraverso una nuova piattaforma di pagamento;
regolamentare l’intelligenza artificiale;
affrontare il cambiamento climatico;
rafforzare la collaborazione sanitaria;
promuovere lo sviluppo istituzionale interno ai Brics.
Il Brasile ha appena terminato il suo turno di presidenza del G20 durante il quale ha posto grande enfasi sul superamento della povertà e sullo sviluppo compatibile. Temi che, ovviamente, intende continuare con la sua presidenza dei Brics. Il summit 2025 è previsto per il prossimo luglio.
Ora che i BRICS rappresentano più del 41% del PIL mondiale, possono sfidare il dollaro. Cosa comporterà questo cambiamento?.
Che ci fosse qualcosa di nuovo nell’aria lo aveva capito la migliore fantascienza (anche quella etichettata come solarpunk) dando vita a nuove narrazioni in cui non sono più solo gli USA e l’Europa a plasmare il futuro.
Non fermatevi qui perchè nella seconda parte di questo articolo proverò a esplorare le potenzialità narrative di un futuro multipolare.
Un Nuovo Ordine Geopolitico nella Fantascienza
Ho accennato prima che la saga di «Star Wars» ci mostra un impero galattico con tratti imperialisti occidentali (e influenze dal Giappone) mentre i ribelli sembrano rifarsi alle guerriglie popolari. Mentre «Star Trek» propone una Federazione Unita dei Pianeti molto simile agli ideali dell’ONU.
«The Expanse» invece mette al centro Terra e Marte in ruoli che ricordano rispettivamente gli USA e la Cina, mentre la Cintura degli Asteroidi è una metafora del Terzo Mondo sfruttato.
Ma in un mondo davvero multipolare, anche la “space opera” potrebbe assumere nuove forme. In primo luogo il confronto “stellare” con le potenze emergenti
Nel mondo cosiddetto reale, Cina e India stanno investendo pesantemente nell’esplorazione spaziale. La Cina ha la sua stazione spaziale (Tiangong) e progetta missioni lunari e marziane. L’India ha inviato missioni su Marte e la Luna a costi ridotti, mostrando un modello alternativo di sviluppo spaziale. E la Russia, pur in declino economico, mantiene una grande tradizione spaziale. Brasile e Sudafrica al momento possono offrire una prospettiva post-coloniale.
«Space Opera» e BRICS a confronto
B come Brasile: il caos creativo e il solarpunk.
Temi: multiculturalismo, biodiversità, megacittà cyberpunk, Amazzonia come risorsa contesa ma anche come infinite potenzialità da recuperare. Un futuro in cui il Brasile è leader delle biotecnologie e della terraformazione, lottando per proteggere le foreste – cioè il polmone planetario – dallo sfruttamento di mega-corporazioni intergalattiche.
R come Russia: il retaggio dell’URSS e il sogno perduto.
Temi: eredità sovietica, lotta tra oligarchia e utopia, guerra fredda interstellare. Narrazioni in cui una civiltà ex-gloriosa cerca di riconquistare l’antica supremazia spaziale mentre lotta con la corruzione interna e i disordini sociali, forse nuove utopie.
I come India: spiritualità plus tecnologia.
Temi: le IA (e le tante Indie) in rapporto a società castali, ascetismo spaziale, cosmologia indù. C’è già chi immagina lo spazio colonizzato con megatemplari sospesi in orbita e città galleggianti governate da IA guru.
C come Cina: Il drago dello spazio e il controllo totale.
Temi: espansionismo, autoritarismo tecnologico, megacittà orbitanti, transumanesimo. Un futuro in cui la superpotenza cinese stabilisce colonie con rigidissimi sistemi di credito sociale spaziale e megacorporazioni governative.
S come Sudafrica: post-colonialismo nello spazio.
Temi: lotta per l’autodeterminazione, risorse minerarie spaziali, convivenza “razziale”. Chi meglio del Sudafrica interstellare potrebbe rappresentare una confederazione di mondi minerari che combatte il neocolonialismo galattico? Se il presente è di Musk uno dei futuri possibili potrebbe riportarci ai sogni di Mandela.
Nuove grandi narrazioni e autori/autrici emergenti
A rompere lo strapotere della science fiction anglo-statunitense (con occasionali incursioni) è già arrivato un drappello di intrusi.
Il cinese Cixin Liu con la trilogia «Il problema dei tre corpi» ha costruito l’avvincente storia del primo contatto (e non solo…) fra l’umanità e una lontana civiltà aliena. Quest’ultima si è evoluta su un pianeta travagliato da imprevedibili ere climatiche che alternano periodi di stabilità e fasi estreme caratterizzate da glaciazioni e tempeste di fuoco di portata planetaria. Utilizzando fenomeni quantistici, gli alieni riescono a comunicare con l’umanità, scoprendo la posizione del nostro pianeta. Che, per loro, potrebbe rappresentare la Terra promessa, una nuova casa per sopravvivere. Spetterà a un manipolo di terrestri (scienziati, militari ma anche miliardari) decidere come reagire all’arrivo degli alieni. Abbracciarli? Prepararsi a combatterli? O aiutarli a risolvere… il problema dei tre corpi?
Meno famoso (per ora) è l’indiano Samit Basu, autore della «GameWorld Trilogy»: The Simoqin Prophecies, The Manticore’s Secret e The Unwaba Revelations, una trilogia con forti venature fantasy pubblicata da Penguin Books India. L’autore ha già ottenuto attenzione mondiale con la duologia meta-umana, «Turbulence» e il suo seguito «Resistance», un romanzo di supereroi ambientato in India, Pakistan e Inghilterra (pubblicato da Titan Books).
La sudafricana Lauren Beukes esplora il solarpunk post-coloniale. Nel romanzo «The Shining Girls» ci porta a braccetto di un serial killer viaggiatore nel tempo e di una sopravvissuta che “capovolge” la caccia. Dopo il successo è stato pubblicato nel Regno Unito e negli Stati Uniti..
Conclusione provvisoria e dunque “inconcludente”
Il mondo sta diventando multipolare ed è già multi-culturale (con tutte le ambiguità che conosciamo). Non si tratta solamente di avere protagoniste/i brasiliani, russi, indiani, cinesi e sudafricani al posto dei soliti “biondi”. Ma di ritrovare o inventare mondi perduti, come hanno mostrato alcune antologie solarpunk o il successo della nigeriana Nnedi Okorafor.
E allora noi ci diamo da fare o stiamo solo qui a pettinare l’autan sulle zanzare, giusto per non citare Crozza?
Se il tema della nuova fantascienza multri-centrica interessa, allora vale in “bottega” recuperare qualcuno di questi articoli: «Futuri uniti d’Africa», Nnedi Okorafor: «Chi teme la morte», Storie che bisogna raccontare: la parola al solarpunk e «Improvvisazioni: futuri possibili, probabili e inaspettati».
Bell’articolo, una inesattezza, l’economia russa è florida, al vontrario di quelle occidentali.
Una precisazione che ritengo necessaria, per meglio chiarificare. L’ economia russa è molto florida in questo periodo, ha avuto una impennata nel PIL, verissimo, incontestabile. Il motivo di questo boom economico è proprio per il boom della guerra. La guerra è il Natale dell’ industria, sia bellica che non. Per sostenere lo sforzo bellico in Ucraina, Mosca sembra disposta a utilizzare ogni risorsa disponibile, fra tasse straordinarie e “donazioni volontarie” imposte alle aziende occidentali che lasciano la Russia. Una pressione eccezionale sull’economia, che spiega in parte anche la crescita del PIL russo registrata nel breve termine, ma che costringe il Cremlino a fare scelte molto difficili: cosa tagliare, tra sussidi e welfare. Quindi è necessario guardare le cose spostando la prospettiva. La guerra è un affare lucroso per chi la fa, a rimetterci saranno sempre i poveri che, volenti o nolenti, permettono da sempre le guerre.
Concordo con Carlo, sulla base anche di quanto scrive Emmanuel Todd nel fondamentale libro ” La sconfitta dell’Occidente “, che avevo recensito con la fine dell’autunno scorso su queste colonne. Ad esempio la Russia dopo la terapia neoliberale e mafiosa, ha recuperato l’autosufficienza alimentare, ed è diventata esportatrice netta di prodotti agricoli, con introiti al 2020 superiori a quelli del gas ( ( 30 contro 26 milioni di dollari ) Per ulteriori dettagli ed una panoramica completa della ” programmazione ” russa, sia sulla rivista online GramsciOggi che su quella cartacea MarxVentuno si possono trovare approfondimenti illuminanti, al di là della imperversante russofobia. Comunque, al netto di queste osservazioni , il contributo di Fabrizio è spaziale. Complimenti !