Contro la dittatura della finanza…

… è etico pagare il debito?
di Alex Zanotelli

Ho riflettuto a lungo come cristiano e come missionario, nonchè come cittadino, sulla crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando, e sono riandato alla riflessione che noi missionari avevamo fatto sul debito dei Paesi impoveriti del Sud.
Per noi i debiti del Sud del mondo erano «odiosi» e «illegittimi» perché contratti da regimi dittatoriali per l’acquisto di armi o per progetti faraonici , non certo a favore della gente. E quindi non si dovevano pagare.
«E’ immorale per noi Paesi impoveriti pagare il debito»: così affermava Nyerere, il «padre della patria» della Tanzania, in una conferenza che ho ascoltato nel 1989 a Nairobi (Kenya). «Quel debito – spiegava Nyerere – non lo pagava il governo della Tanzania, ma il popolo tanzaniano con mancanza di scuole e ospedali». La nota economista inglese N. Hertz nel suo studio «Pianeta in debito» affermava che buona parte del debito del Sud del mondo era illegittimo e odioso.
Perché abbiamo ora paura di applicare gli stessi parametri al debito della Grecia o dell¹Italia? Nel 1980 , il debito pubblico italiano era di 114 miliardi di euro, nel 1996 era salito a 1.150 miliardi di euro e oggi a quasi duemila miliardi di euro. «Dal 1980 ad oggi gli interessi sul debito – afferma Franco Gesualdi – hanno richiesto un esborso in interesse pari a 2.141 miliardi di euro». Lo stesso è avvenuto nel Sud del mondo. Dal 1999 al 2004 i Paesi del Sud hanno rimborsato in media 81 miliardi di dollari in più di quanto ne avessero ricevuto sotto forma di nuovi prestiti.
E’ la finanziarizzazione dell’economia che ha creato quella «bolla finanziaria» dell’ attuale crisi. Una crisi scoppiata nel 2007-08 negli USA con il fallimento delle grandi banche, dalla Goldman Sachs alla Lehman Brothers, e poi diffusa in Europa attraverso le banche tedesche che ne sono state i veri agenti, imponendola a Paesi come l’Irlanda, la Grecia. «Quello che è successo dal 2008 a oggi – ha scritto l’economista americano James Galbraith – è la più gigantesca truffa della storia». Purtroppo la colpa di questa truffa delle banche è stata addossata al debito pubblico dei governi allo scopo di imporci politiche di austerità e conseguente svendita del patrimonio pubblico. Queste politiche sono state imposte all’Unione Europea dal «Fiscal Compact» o Patto Fiscale, firmato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 capi di Stato della UE. Con il Fiscal Compact si rendono permanenti i piani di austerità che mirano a tagliare salari, stipendi, pensioni, a intaccare il diritto al lavoro, a privatizzare i beni comuni. Per di più impone il pareggio in bilancio negli ordinamenti nazionali. I governi nazionali dovranno così attuare, nelle politiche di bilancio, le decisioni del Consiglio Europeo, della Commissione Europea e soprattutto della Banca Centrale Europea (BCE) che diventa così il vero potere politico della UE. Il potere passa così nelle mani delle banche e dei mercati. La democrazia è cancellata. Lo ha affermato la stessa Merkel: «La democrazia deve essere in accordo con il mercato». Siamo in piena dittatura delle banche.
E’ il potere finanziario che ha imposto come presidente della BCE, Mario Draghi, già vicepresidente della Goldman Sachs (fallita nel 2008!) e a capo del governo italiano Mario Monti, consulente della Goldman Sachs e Coca-Cola, nonché membro nei consigli di amministrazione di Generali e Fiat. (Monti fa parte anche della Trilaterale e del Club Bilderberg). Nel governo Monti poi molti dei ministri siedono nei consigli di amministrazione dei principali gruppi di affari della Penisola: Passera, ministro dello Sviluppo Economico, è ad Intesa San Paolo; Fornero, ministro del lavoro, è vicepresidente di Intesa San Paolo; F. Profumo, ministro dell’istruzione è amministratore di Unicredit Private Bank e di Telecom Italia; P. Gnudi, ministro del Turismo, è amministratore di Unicredit Group; Piero Giarda, incaricato dei Rapporti con il Parlamento, è vicedirettore del Banco Popolare e amministratore di Pirelli. Altro che «governo tecnico»: è la dittatura della finanza!
Infatti sotto la spinta di questo governo delle banche, il Parlamento italiano ha votato il «Patto Fiscale», il Trattato UE che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del PIL in vent¹anni. Così dal 2013 al 2032, i governi italiani – di destra o sinistra che siano – dovranno fare manovre economiche di 47/48 miliardi di euro all’anno, per ripagare il debito. «Noi italiani siamo polli in una macchina infernale – commenta giustamente F. Gesualdi – messa a punto dall’oligarchia finanziaria per derubarci dei
nostri soldi con la complicità della politica». Ancora più incredibile è il fatto che sia stato proprio il Parlamento, massima istituzione della democrazia, «a mettere il sigillo a una interpretazione del tutto errata della crisi finanziaria, ponendola nell’eccesso di spesa dello Stato, soprattutto della spesa sociale – così pensa L. Gallino. La crisi, nata dalle banche, è stata mascherata da crisi del debito pubblico».
Il problema non è il debito pubblico (anche se bisogna riflettere per capire perché siamo arrivati a tali cifre!) ma il salvataggio delle banche europee che ci è costato almeno 4mila miliardi di dollari, a detta dello stesso presidente della UE, Barroso. (Sembra che il salvataggio delle banche americane, fatto da Obama, sia costato sui 14mila miliardi di dollari!)
E’ chiaro che non possiamo accettare né il Patto fiscale della UE, né la sua ratifica fatta dal Parlamento italiano, né la modifica costituzionale dell’articolo 81, perché a pagarne le spese sarà il popolo italiano.
C’è in Europa una nazione che ha scelto un¹altra strada: l’Islanda. La nostra stampa non ne parla. L¹Islanda piuttosto che salvare le banche (non avrebbe neanche potuto farlo, dato che i suoi debiti si erano gonfiati fino a dieci volte il suo PIL) ha garantito i depositi bancari della gente e ha lasciato il suo sistema bancario fallire, lasciando l’onere ai creditori del settore piuttosto che ai contribuenti. E la tutela del sistema di
welfare, come scudo contro la miseria per i disoccupati, ha contribuito a riportare la nazione dal collasso economico verso la guarigione. E’ vero che l’Islanda è un piccolo Paese ma può aiutarci a trovare una strada per tentare di uscire dalla dittatura delle banche.
Per questo suggeriamo alcune piste per una seria riflessione e conseguente
azione:
1) Richiesta di una moratoria per il pagamento del debito pubblico;
2) Indagine popolare (audit) sulla formazione del nostro debito pubblico allo scopo di annullare la parte illegittima, rifiutando di pagare i debiti «odiosi» o «illegittimi», come ha fatto l’Ecuador di R. Correa nel 2007;
3) Sospensione dei piani di austerità che, oltre a essere ingiusti, fanno aumentare la crisi;
4) Divieto di transazioni finanziarie con i paradisi fiscali e lotta alla massiccia evasione fiscale delle grandi imprese e degli stra-ricchi;
5) Messa al bando dei «pacchetti tossici» e della speculazione finanziaria sul cibo;
6) Divisione delle banche «troppo grandi per fallire» in entità più controllabili, imponendo una chiara distinzione fra banche commerciali e banche di investimento;
7) Apertura di banche di credito totalmente pubbliche;
8) Imposizione di una tassa sulle transazioni finanziarie per la «tracciabilità» dei trasferimenti e un’altra sui grandi patrimoni;
9) Rifondazione della BCE riportandola sotto controllo politico (democratizzazione), consentendole di effettuare prestiti direttamente ai governi europei a tassi di interesse molto bassi.
Sono solo dei suggerimenti per preparare un piano serio ed efficace per uscire dalla dittatura delle banche.
Chi è interessato alle campagne in atto per un’altra uscita dal debito, consulti: smonta il debito, www.cnms.it <http://www.cnms.it/> . ; rivolta il debito, www.rivoltaildebito.it
<http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.rivoltaildebito.it&amp;h=R
AQEiWnAY&amp;s=1> ; no debito, www.nodebito.it <http://www.nodebito.it/>
Se ci impegniamo, partendo dal basso e mettendoci in rete, a livello italiano ed europeo, il nuovo può fiorire anche nel vecchio Continente.
Da parte mia rifiuto di accettare un sistema di Apartheid mondiale dove il 20% della popolazione mondiale consuma l’80% delle risorse: un pianeta con un miliardo di obesi fra i ricchi e un miliardo di affamati tra gli impoveriti, e dove ogni minuto si spendono tre milioni di dollari in armamenti e nello stesso minuto muoiono per fame quindici bambini.
Il mercato, la dittatura della finanza si trasformano allora «in armi di distruzione di massa», dice giustamente J. Stiglitz, premio Nobel dell’economia. «Il potere economico-finanziario lascia morire – afferma F. Hinkelammert – e il potere politico esegue». Entrambi sono assassini.
Diamoci da fare perché vinca invece la vita!
Napoli, 18 novembre 2012

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • NATALE ARMATO PER UN 2013 ANCORA PIU’ ARMATO
    Posto qui questa lettera (del 21 dicembre 2012) di Alex Zanotelli se per caso vi fosse sfuggita… la gravità di ciò che il Parlamento – Pd incluso – sta facendo (db)

    Il 10 dicembre eravamo a Roma davanti al Parlamento per protestare contro la Riforma delle Forze Armate voluta dal Ministro della Difesa, l’ammiraglio Di Paola. I rappresentanti dei movimenti per la pace erano stretti attorno a una gigantesca bandiera della pace che occupava la larghezza dell’anti-piazza davanti al Parlamento. Eravamo lì per chiedere ai Parlamentari di non votare la Riforma delle Forze Armate. Tutto inutile! Quel pomeriggio il Parlamento ha definitivamente approvato il disegno di legge delega. La Destra ha votato compatta a favore, nonostante avesse appena sfiduciato il governo. Il PD, nonostante alcune voci contrarie, ha pure votato a favore. Unico partito contrario:IDV. Un amaro regalo di Natale questo che il governo Monti ci lascia prima di dimettersi. Un regalo alla casta dei militari, alla lobby dei mercanti di morte. La riforma infatti ci costerà nei prossimi dieci anni, l’astonomica cifra di 230 miliardi di euro!
    La Legge autorizza le Forze Armate a riorganizzarsi in proprio in dodici mesi con una delega, per ora in bianco. Inoltre questa Legge prevede un taglio di 43 mila addetti sia militari come civili nei prossimi dieci anni.
    La cosa però che sorprende è che i soldi risparmiati rimangono al Ministero della Difesa per l‘ammodernamento ‘ dell’esercito. Mentre per la Spending Rewiew di Monti, i soldi risparmiati avrebbero dovuto rientrare nel Bilancio dello Stato. Ed invece saranno usati per comperare i nuovi sistemi d’arma.
    In poche parole il Ministro della Difesa avrà un miliardo di euro in più all’anno da spendere in nuove armi! Inoltre la nuova legge prevede che gli enti locali dovranno rimborsare il Ministero della Difesa per gli interventi di soccorso e prima emergenza come terremoti e alluvioni.
    Tutto questo avviene mentre la crisi economica lascia senza lavoro centinaia di migliaia di lavoratori e non ci sono soldi per il welfare, per la sanità, per la scuola , per il terzo settore.
    Assistiamo attoniti al tradimento del governo Monti e dei partiti.
    E mentre è passata in tutta fretta la Riforma della Difesa(se ne parlava da vent’anni!), non si è fatto nulla per la Riforma della Cooperazione, che è l’altra faccia della medaglia! E questo nonostante che ci sia un ministro cattolico,A. Riccardi, alla Cooperazione Internazionale.(E’ da vent’anni che girano in Parlamento proposte di riforma della Cooperazione internazionale che è ormai ridotta ai minimi termini!). Nel 2000 l’Italia aveva promesso all’ONU che avrebbe versato lo 0,7% del suo PIL per sconfiggere la povertà. L’Italia , all’ultimo posto nella graduatoria, ha disonorato in questi dodici anni gli impegni presi arrivando allo 0,2% del PIL mentre spende il 2% del PIL in armi.
    Siamo giunti così alla follia di spendere, lo scorso anno ,26 miliardi di euro (dati SIPRI) a cui bisogna aggiungere 15 miliardi di euro per gli F-35. Si tratta di 41 miliardi di euro: una vera e propria manovra! Nessun taglio alle armi, anzi la Difesa avrà un miliardo in più da spendere nell’acquisto di sofisticati strumenti di morte. Mentre il governo Monti ha tagliato fondi alla scuola, alla sanità, al terzo settore.
    Mi amareggia il silenzio della Conferenza Episcopale Italiana. Altro che ‘pace in terra agli uomini di buona volontà’ che è il cuore del messaggio natalizio.
    Il nostro paese sceglie ancora una volta la via della morte invece della vita.
    E’ un Natale amaro, un Natale ‘armato’.

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