Chiapas: il disastro dei diritti

Un rapporto dettagliato, e scioccante, pubblicato dal “Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas” (Frayba).

di Gilberto López y Rivas (*)

Il prestigioso Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba), fondato nel 1989 dal vescovo Samuel Ruiz García, ha pubblicato nel marzo di quest’anno, uno scioccante libro su un tema molto rilevante dell’accadere nazionale che significativamente ha intitolato: Chiapas, un desastre. Entre la violencia criminal y la complicidad del Estado (Creative Commons) ovvero “Chiapas, un disastro. Tra la violenza criminale e la complicità dello stato”. Guidato “dal più profondo senso della pace, dove arde il fuoco della vita”, il sempre efficiente e impegnato gruppo del Frayba presenta un rapporto dettagliato e fondato che considera una radiografia dell’attuale situazione, con l’accento sullo stato del Chiapas, e una temporalità che va dal 2020 al 2022 (https://frayba.org.mx/informe-frayba-chiapas-un-desastre).

Il testo parte dall’ipotesi, senza dubbio comprovata, che in un contesto nazionale di militarizzazione – aumentata da un governo neosviluppista e autoritario che punta sulla continuità della guerra che beneficia i poteri di fatto del Messico, la scalata della violenza generalizzata e l’aumento della crisi dei diritti umani -, nello stato meridionale si trovano una diversificazione e opacità di gruppi armati che utilizzano la violenza per il controllo sociale, politico, economico e territoriale, segnate dalla continuità di una strategia controinsurrezionale, così come da un’impunità promossa da attori statali che permette il saccheggio, lo sfruttamento e l’emarginazione sociale.

Il documento evidenzia questo fatto che il contesto nazionale e internazionale di appoggio all’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e al Congresso Nazionale Indigeno ha reiteratamente denunciato: di aggressioni e persecuzioni armate contro le comunità zapatiste da parte di queste organizzazioni corporative schierate con lo stato, che entrano nella lotta aperta della terra recuperata dal 1994. Si analizza in profondità la frammentazione e la riconfigurazione territoriale a partire dal progetto, colonna vertebrale dell’attuale amministrazione federale, Sembrando Vida (Seminando Vita), raccogliendo morte. Si conferma che lo sfollamento forzato interno è uno dei fenomeni di maggiore acutizzazione statale, con forme di violenza che coinvolgono modelli d’azione locale e quotidiana legati al controllo territoriale, da parte di questi gruppi armati e di settori della politica regionale che li dirigono e li sostengono.

Il rapporto prospetta che la crisi pandemica abbia reso più noto e ha aumentato il razzismo strutturale e la discriminazione, evidenziando l’emarginazione, gli alti indici di povertà, la precarietà e la mancanza d’accesso ai servizi sanitari fondamentali, che hanno dato luogo, inoltre, ad un appello delle Nazioni Unite ad adottare misure relative all’incidenza del covid-19 nei villaggi originari.

Queste realtà inducono ad approfondire il lavoro delle persone difensore di diritti umani, terra e territorio, così come dei giornalisti e comunicatori, fatto che comporta un aumento delle aggressioni, che il Frayba considera un fenomeno costate e sistemico per silenziare le voci di denuncia, con atti come minacce e intimidazioni, tra gli altri, e campagne di discredito. Nella maggioranza dei casi gli autori non sono identificati, indagati, né tanto meno puniti, per cui “l’impunità continua in questo governo della Quarta Trasformazione, e tenendo conto che il Messico è uno dei paesi con più omicidi di difensori e giornalisti, e con il maggior grado di impunità in questi crimini.

Nell’analisi del Frayba è fondamentale constatare le implicazione della rimilitarizzazione e degli impatti della controrivoluzione in Chiapas, a partire dall’occupazione territoriale da parte delle forze armate, che ha dato come risultato l’installazione di 126 accampamenti militari, l’implementazione di migliaia di operazioni e la continua imposizione di uno stato d’assedio de facto, tutto questo sulla base di una strategia di una integrale guerra di logorio che è rimasta nel tempo ed è mantenuta dai governi di turno, rispondendo alla logica del nemico interno e alla dinamica della dottrina militare statunitense, nella quale il controllo della popolazione è uno dei suoi pilastri fondamentali. Le tendenze della rimilitarizzazione puntano anche alla comprovata continuità dello spionaggio da parte dei militari nei territori del Chiapas, secondo le informazioni delle “Sedena leaks”.

Per il Frayba, la militarizzazione è completata dalla presenza di corporazioni criminali che stanno generando, con la complicità dei governi, una spirale di violenza con impatti che, per il momento, hanno fatto oscillare il paese in un contesto avverso e di terrore verso i popoli e le comunità, circostanze che sono peggiorate e che negli ultimi quattro anni si sono ampliate nei territori del Chiapas.

C’è da sperare che questa indagine non sia resa invisibile e ancor meno stigmatizzata dal negazionismo governativo, e, al contrario, sia presa in considerazione per agire di conseguenza.

(*) Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: https://comitatocarlosfonseca.noblogs.org/post/2023/07/12/chiapas-un-disastro/#more-21785

Articolo originale: Gilberto López y Rivas, “Chiapas, un desastre”, pubblicato su La Jornada https://www.jornada.com.mx/2023/07/07/opinion/014a2pol

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