La follia planetaria delle spese militari

di Luigi Barbato (*)

Il Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) una delle più autorevoli fonti sul disarmo, nel mese di aprile 2014 ha pubblicato sul proprio sito il dossier sull’evoluzione della spesa militare nel mondo nel corso del 2013.

L’importo annuo della spesa militare mondiale si attesta nel 2013 a 1.747 miliardi di dollari. Anche se

la spesa militare non è composta solo di acquisto di armamenti, appare comunque necessario qui sottolineare come l’impegno di documentazione non dovrebbe essere disgiunto da una decisa denuncia. La cifra iperbolica di 1.747 miliardi di $ appare l’ennesima conferma della follia planetaria che si perpetua ormai da decenni e che impegna ingentissime risorse economiche per tentare di conseguire un obiettivo come la sicurezza, che probabilmente sarebbe perseguibile in maniera del tutto economica, se la buona fede internazionale avesse la meglio sugli interessi dei fabbricanti e dei trafficanti di armi.

D’altra parte va ricordato che se si accetta il principio che gli Stati hanno tutti diritto all’autodifesa, così come riconosciuto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, allora non si può essere contrari al fatto che gli Stati si armino fino ai denti. E’ l’osservanza di questo articolo 51, che permette agli arsenali bellici di riempirsi e quindi il lievitare della spesa militare mondiale. Inoltre l’articolo 51 è stato storicamente evocato principalmente da uno Stato che d’altra parte ha ignorato numerose delibere delle Nazioni unite che lo riguardavano. Non sembra poi che affidare il mantenimento della pace alla forza degli eserciti abbia prodotto un’epoca di pace. Questa andrebbe mantenuta con la forza del diritto internazionale.

Il mercato delle armi va contrastato sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta. Il mercato delle armi è un mercato dei produttori, che, grazie a un settore di ricerca a dir poco immorale, sforna armi e tecnologie sempre più sofisticate ed efficienti. E le armi sostituite, quelle di vecchia generazione, non vengono certo rottamate, ma sono dirottate verso gli eserciti dei Paesi del “terzo” e del “quarto” mondo, con un fenomeno di accumulo, foriero non certo di scenari pacifici. Per dare uno sfogo agli stock di armamenti, la fortissima lobby dell’industria bellica riesce a condizionare le politiche estere fino ad accendere o fomentare guerre. La strada verso il disarmo appare estremamente lunga e  irta di ostacoli. Obiettivi intermedi come l’Att (il trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali) e la riconversione vanno benissimo. Ma l’obiettivo strategico deve essere la pace, senza armi, che dovrebbero diventare un tabù per tutta l’umanità.

Questa argomentazione potrebbe sembrare utopica. Ma nel pianeta esistono, fortunatamente, esempi che vanno in controtendenza: alcuni Stati dell’area caraibica, pur essendo tormentati dalla violenza, hanno decisamente imboccato la strada dell’anti-militarismo. In primis Costarica, ma in seguito anche Haiti e Panama hanno rinunciato ad avere un esercito, potendo così dirottare risorse economiche verso settori importanti del vivere civile come la scuola e la sanità. La speranza è che tale buon esempio si diffonda a macchia d’olio.

Nel 2013 la spesa militare globale è stata pari a 1.747 miliardi di dollari; per il secondo anno consecutivo si è realizzata una diminuzione dell’aggregato. Fra il 2012 e il 2013 la spesa complessiva è infatti diminuita dell’1,9 per cento in termini reali. Disaggregando questo dato si può osservare che alcune regioni del mondo presentano decise riduzioni. La spesa militare è infatti diminuita in molti Paesi dell’area occidentale – cioè Nord America, Europa occidentale e centrale, Oceania – mentre è cresciuta in tutte le rimanenti aree. A tale riguardo appare opportuno sottolineare che se si escludessero gli Stati Uniti dal computo, il dato della spesa militare mondiale risulterebbe in aumento dell’1,8 per cento, nonostante le diminuzioni di Europa e altre regioni.

I cinque Paesi con la più alta spesa sono stati gli Usa, Cina, Russia, Arabia Saudita e Francia. L’Arabia Saudita è il quarto Stato in termini di spesa; ma nel 2012 era settimo. Il Regno Unito è ora passato al sesto posto. Un’ulteriore notazione riguarda la concentrazione del fenomeno spese militari: metà delle spese sono a carico di due soli Paesi, Usa e Cina, mentre circa l’80 per cento delle spese sono stati realizzati da solo quindici Paesi.

Queste sono le tendenze regionali.

Stati Uniti

La spesa militare Usa è diminuita del 7,8 per cento a 640 miliardi di $. Gran parte della diminuzione è riconducibile al ridimensionamento nella spesa connessa alle cosiddette Oco (Overseas Contingency Operations – Operazioni Militari Oltremare), in particolare in Afghanistan e in Iraq; ciò nonostante la spesa militare Usa rappresenta il 37 per cento della spesa mondiale.

Russia

La spesa della Russia, stimata pari a 88 miliardi di $, è aumentata del 4,8% e per la prima volta dal 2003, rapportata al Pil, è stata superiore a quella degli Usa; la Russia continua nella realizzazione del suo Piano Statale degli Armamenti 2011-2020, in base al quale programma di spendere una somma pari a 20.700 miliardi di rubli (705 miliardi di $) in nuovi armamenti e ammodernamenti. L’obiettivo è quello di sostituire entro il 2020 il 70 per cento degli attuali armamenti con nuovi sistemi d’arma.

Europa Centrale ed Occidentale

La crisi economica ha provocato nella regione un significativo ridimensionamento, pari ad un globale -2,4 per cento rispetto al 2012, raggiungendo una cifra pari a 410 miliardi di dollari. Ma la diminuzione non è stata affatto generalizzata. Purtroppo in Europa, per la prima volta da molti anni a questa parte, si considera la possibilità di conflitti armati. Si sono registrati importanti aumenti in Paesi dell’ex area sovietica, come l’Ukraina (+16 per cento), Bielorussia (+15 per cento), Lettonia (+ 9.3) e anche in Svizzera (+ 9). Le diminuzioni più consistenti sono quelle della Spagna (- 13 per cento), Albania (- 13), Ungheria (- 12) e Olanda (- 8.3). Interessante analizzare l’evoluzione del fenomeno nei principali Paesi europei con riferimento al 2008, considerato un anno ante-crisi. Solo la Germania ha avuto nel 2013 una spesa superiore del 2 per cento rispetto a quella del 2008. Molti altri Paesi, come Austria, Belgio, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Spagna e Regno Unito registrano diminuzioni superiori al 10 per cento in termini reali. La Francia è solo il 4 per cento in meno. L’Italia si colloca all’undicesimo posto della graduatoria con poco meno del 2 per cento della spesa mondiale.

America Latina

Il Centro America e l’area Caraibica hanno riscontrato un significativo aumento del 6 per cento nelle spese militari, che si sono attestate al valore di 77 miliardi di dollari. In particolare si sono distinti i Paesi sconvolti dal clima di violenza legato alla lotta ai narcotrafficanti, come il Messico (+ 5,1 per cento), Honduras (+ 22), Nicaragua (+ 18) e Guatemala (+ 11). Il Sud America ha registrato in totale un lieve aumento (+ 1.6 per cento). Nel dettaglio forti aumenti sono stati registrati da Paraguay (+ 33 per cento), Colombia (+ 13), mentre il Brasile, il più importante spenditore dell’area, ha fatto segnare una diminuzione del 3.9 per cento. Fatto molto singolare, dato che il Brasile ha fatto registrare aumenti medi annui del 7 per cento nell’arco temporale 2003-2010.

Africa

L’Africa è la regione che ha registrato il maggiore incremento con un + 8.3 per cento, raggiungendo i 44.9 miliardi di dollari. Il maggior spenditore africano è stata l’Algeria con 10.4 miliardi di dollari. Questo “status” è consentito dalla propria rendita petrolifera; le ragioni di questo volume di spesa militare vanno ricercate nel sempre forte ruolo dei militari e dalla minaccia terroristica, in particolare quella di natura islamica nel vicino Mali. Il secondo spenditore è stato l’Angola con 6.1 miliardi di dollari, con un incremento del 36 per cento rispetto all’anno precedente. Anche per questo Paese si dimostra come la disponibilità di fondi derivanti dall’estrazione del petrolio, anziché essere destinata a migliorare le condizioni di vita della popolazione, viene utilizzata per acquisto di armi. Infatti sia per l’Algeria che per l’Angola la spesa militare in rapporto al Pil si attesta al 4.8 per cento, il valore più alto di tutta l’Africa. Da sottolineare il caso del Ghana, che ha visto raddoppiata la propria spesa a un livello di 306 milioni di dollari. Questo forte aumento è spiegabile con il forte impegno da parte delle truppe di quello Stato nelle missioni di peace-keeping internazionali.

Asia e Oceania

La spesa militare dell’Asia è stata pari a 381.1 miliardi di dollari, mentre l’Oceania ha raggiunto i 25.9 miliardi. La gran parte dell’aumento della regione Asia è dovuto a quello della Cina; la spesa della Cina, pari a circa 188 miliardi di dollari, è cresciuta nel 2013 del 7,4 per cento; anche se la Cina negli scorsi anni ha mostrato atteggiamenti aggressivi nelle dispute territoriali con Giappone, Filippine e Vietnam, queste accresciute tensioni non si sono riverberate direttamente sul trend della spesa militare cinese che sembra più incanalato nei binari della politica a lungo termine di aumento della spesa in linea con la crescita economica. Escludendo la Cina, la spesa asiatica registra un modesto aumento dello 0.9 per cento, che è ovviamente un dato medio frutto di elementi contrastanti. Un aumento del 77 per cento dell’Afghanistan, che ha dovuto costituire dal nulla una forza armata, un aumento del 17 per cento delle Filippine, probabilmente dovuto alle tensioni con la Cina di cui sopra, e una regressione di Taiwan (- 2.6 per cento).

Medio Oriente

L’area si caratterizza per la scarsità e la poca attendibilità dei dati riguardo alla spesa militare. Nel 2013 non sono stati disponibili dati su Iran, Qatar, Syria, Uae e Yemen. Si stima comunque che l’ammontare in questione sia prossimo ai 150 miliardi di dollari. I maggiori incrementi rispetto all’esercizio precedente sono stati l’Iraq (+ 27 per cento), Bahrain (+26) e Arabia Saudita, il maggior spenditore della regione (+ 14); appare verosimile che il forte incremento del Bahrain abbia a che fare sia con problemi con il vicino Iran che con acquisti di armi necessarie a tenere sotto controllo le rivolte di piazza. Nell’area la maggiore diminuzione riguarda l’Oman (- 27 per cento) ma va notato che il 2012 aveva visto un +31 per cento rispetto all’anno precedente. E’ comunque da sottolineare che l’Oman nel 2013 è il maggiore spenditore della regione, in termini di rapporto con il Pil (11.3 per cento).

(*) Archivio Disarmo

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *